Imposte

Un «moltiplicatore» per trainare le Pmi fuori dalle secche

di Giuseppe Acciaro e Massimo Concas

Lo sblocco da parte del ministero dello Sviluppo economico delle risorse derivanti dal comma 54 della legge di Stabilità 2014 (225 milioni di euro destinati ad incrementare il Fondo rischi dei confidi ) è frutto di una intensa trattativa fra il governo e le rappresentanze dei consorzi durata circa un triennio e si auspica possa dare una congrua risposta al calo del 7% nelle erogazioni negli ultimi 60 mesi e del 2,2% registrato nel solo 2016. Calo calcolato da Confindustria in un «no» delle Banche a quasi due richieste su tre.

Questa nuova iniezione di risorse asseconda dunque la considerevole richiesta di credito inevasa dal sistema bancario e attribuisce ai confidi la responsabilità di moltiplicare le garanzie almeno per 4 in un arco temporale di 7 anni. Allo scadere del termine, se l’effetto moltiplicatore non è stato realizzato, il confidi deve riversare le risorse inevase al Fondo centrale.

I confidi hanno attraversato in questi ultimi anni sfide e cambiamenti radicali; prova ne è il fatto che si è passati dai circa 1.000 attivi agli attuali 400. È tuttora in pista la questione relativa alla loro riforma, la cui delega è stata spostata al mese di settembre 2017 dal decreto milleproroghe, con una querelle vivissima in ordine alle innovazioni, specie in materia di bilancio.

Il recente decreto interministeriale dello scorso 3 gennaio (si veda articolo in pagina), all’articolo 2, comma 5, ha anche espressamente previsto che le garanzie rilasciate dai confidi a valere sulle risorse in parola non possano essere riaccreditate sul Fondo centrale di garanzia. Insomma, il decreto da un lato impedisce la riassicurazione sul Fondo centrale, dall’altro sembra stimolare una sorta di concorrenza fra il nuovo Fondo per i confidi e il Fondo centrale di garanzia per il reperimento di risorse ulteriori di non facile individuazione nelle pieghe del bilancio nazionale.

Il provvedimento, inoltre, all’articolo 6, comma 2, ha espressamente previsto che il suddetto fondo possa essere alimentato anche con risorse delle Regioni, enti pubblici e Cciaa o risorse provenienti dalla programmazione Ue 2014-2020. Una scelta peculiare, quest’ultima, date le difficoltà incontrate dal Fondo centrale di garanzia nell’incameramento di risorse similari alla luce delle lungaggini delle procedura di certificazione di spesa.

Un fiume di risorse insomma per contrastare il «credit crunch» e favorire l’innesto di finanza alle aziende senza però un coordinamento che avrebbe potuto migliorare la sinergia degli strumenti in campo che hanno come beneficiari finali ed esclusivi le imprese.

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