Il CommentoImposte

Un superbonus per rafforzare le imprese

La proposta di uno strumento che riconosce un contributo pubblico a fronte di un aumento di capitale

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di Massimo Miani

Lo scenario economico nel quale questa violenta seconda ondata pandemica sta precipitando il nostro Paese e l’Europa intera è molto incerto e preoccupante. I nuovi lockdown nazionali e continentali con i quali dovremo convivere – più o meno estesi e più o meno duraturi che siano – costituiscono un nuovo, drammatico stop alla ripresa. In questo quadro pare importante immaginare non solo utili e inevitabili strumenti di ristoro almeno parziale per le categorie più esposte alle crisi (sperando che prima o poi ci sia spazio e attenzione anche per quelle professionali), ma anche a proposte di sistema che possano dispiegare i propri effetti già nei prossimi mesi.

Nel Documento programmatico di bilancio per il 2021, il governo formula le proprie stime sul presupposto di avere a disposizione e di utilizzare interamente nel corso del prossimo anno, 10 miliardi di euro di sovvenzioni europee a fondo perduto.

Sinceramente, pare davvero ambiziosa la previsione non tanto di avere 10 miliardi di sovvenzioni a disposizione, quanto quella di riuscire a spenderli tutti nel 2021.

È tristemente noto che sul versante della spesa per investimenti quello della disponibilità delle risorse non è mai stato il primo dei freni, perché è la burocrazia che rallenta la spesa delle risorse già disponibili.

Come categoria professionale che accompagna l’economia del Paese nei momenti di crescita quanto nei momenti di crisi e che antepone proposte di sistema alle pur sacrosante rivendicazioni di parte, suggeriamo caldamente al governo e al Parlamento che una fetta rilevante di quelle risorse venga dedicata al sostegno degli investimenti privati, nella forma di incentivi alla capitalizzazione del sistema delle imprese.

Una capitalizzazione che costituisce un obiettivo primario per le imprese e per i suoi creditori, tra i quali, seppure indirettamente, è ormai molto forte il ruolo dello Stato, quale garante di ultima istanza verso il settore bancario, per gli ingenti prestiti che sono stati rilasciati con garanzia statale.

Un piano di incentivi alla ricapitalizzazione, mediante le sovvenzioni Ue, costituirebbe dunque il modo migliore per attuare una scelta win-win privato-pubblico, perché rafforzerebbe la solidità delle imprese e la loro capacità di rimborso dell’indebitamento, evitando al contempo allo Stato di dover intervenire con risorse proprie a copertura delle garanzie che verrebbero attivate dal sistema bancario nel caso in cui le imprese debitrici non fossero invece in grado di onorare i propri debiti.

Per funzionare, il meccanismo dovrebbe però essere estremamente semplice e l’incentivo estremamente premiante. Strumenti simili recentemente introdotti hanno avuto scarso appeal proprio perché straordinariamente complessi e non sufficientemente premianti.

Servirebbe un vero e proprio “superbonus della ricapitalizzazione delle imprese”, tale per cui, per ogni euro di aumento di capitale viene riconosciuto un euro di contributo pubblico (da appostare in una riserva di patrimonio netto non distribuibile), nella forma di credito di imposta cedibile a terzi, ivi comprese banche e istituti di credito (su modello superbonus edilizio).

Unici accorgimenti, in un meccanismo normativo che deve essere il più lineare e semplice possibile, sarebbero quelli volti a evitare “effetti moltiplicativi fittizi” nelle catene partecipative, prevedendo che una società, la quale abbia fruito del superbonus ricapitalizzazioni, se ricapitalizza una propria partecipata, attribuisce a quest’ultima un superbonus del 100% solo per la parte di apporto di capitale eventualmente eccedente l’aumento di capitale che è stato agevolato in capo ad essa.

Eventualmente, per concentrare maggiormente le risorse (mantenendo elevato e quindi “irrefutabile” l’occasione di cogliere l’incentivo), si potrebbe prevedere una limitazione della platea soggettiva alle sole imprese che, nel 2020, rispetto al 2019, hanno avuto un calo di fatturato oltre una determinata soglia e hanno registrato un aumento del rapporto capitale di debito/mezzi propri superiore a una determinata soglia (fermo restando che non devono avere un rapporto deteriorato al punto da rientrare nella nozione comunitaria di società già in difficoltà). Sarebbe il modo migliore di investire una parte cospicua delle sovvenzioni a fondo perduto Ue: lo Stato si tutelerebbe rispetto alle esposizioni che ha come garante, le imprese reggerebbero nei prossimi anni la sfida della ripartenza e del contemporaneo pagamento dei debiti contratti per sopravvivere nella fase di massima difficoltà e, alla fine del periodo di rimborso dei prestiti garantiti, avremmo uno Stato con meno deficit e debito di quello che altrimenti avrebbe e imprese più capitalizzate di quanto altrimenti sarebbero.