Validità della notifica alla prova della parentela
Ai fini della validità della notifica, la parentela e la convivenza tra il destinatario dell'atto e il consegnatario non possono presumersi dall'attestazione dell'agente postale, che fa fede solo delle dichiarazioni a lui rese, e non anche della veridicità del relativo contenuto. Di conseguenza, il destinatario che a confutazione di tale veridicità abbia prodotto un certificato storico di residenza non è tenuto ad un'ulteriore (e di per sé impossibile) prova del fatto negativo circa l'assenza di ogni relazione di parentela e convivenza con il consegnatario dell’atto. Tale principio – già espresso dalla giurisprudenza di legittimità (si vedano ad esempio Cassazione 20 febbraio 2014, n. 4095 e 12 marzo 2012, n. 3906) – è stato ora confermato dalla sesta sezione civile della Suprema corte con l’ordinanza 7 febbraio 2019, n. 10543, depositata lo scorso 15 aprile.
A tale conclusione, i giudici di legittimità sono approdati attraverso un’interessante (e condivisibile) opera di delimitazione dell’ambito applicativo dell’articolo 139 Codice di procedura civile. Per effetto del secondo comma di tale norma, in assenza del destinatario nella casa di abitazione nel Comune di sua residenza, la consegna effettuata «a persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda» deve ritenersi sufficiente, in via presuntiva, ad integrare l’avvenuta consegna dell’atto. Pertanto in questi casi l’onere della prova contraria fa carico – spiega la Cassazione - «a chi adduce di non aver ricevuto notifica e riguarda specificamente (…) la persona che ha ricevuto l’atto».
Tuttavia, nell’ipotesi in cui la notifica non sia stata chiesta ed effettuata nel luogo di abitazione del destinatario nel suo Comune di residenza, ma al precedente indirizzo di residenza anagrafica - attraverso la consegna a familiare convivente - occorre valutare se, a fronte della prova fornita dal contribuente (destinatario dell’atto) in merito al diverso luogo di abitazione sia applicabile o meno la presunzione di ricezione, che per la norma sopra citata opera esclusivamente nel luogo di abitazione del destinatario. Premesso che tale dubbio, ovviamente, è prospettabile semprechè la citata prova sia fornita attraverso la produzione di un certificato storico-anagrafico, lo scenario che si presenta appare essere il seguente.
Un’eventuale risposta affermativa (nel senso che detta presunzione dovrebbe comunque operare) si fonda sulla considerazione che le persone che per varie ragioni si trovino all’interno dell’abitazione del destinatario, specialmente se legate da stretti rapporti di parentela, consegneranno a loro volta l’atto al suo destinatario.
Senonchè, per la Suprema Corte nella particolare fattispecie dianzi prospettata non può operare tale presunzione, la quale presuppone che la notifica sia stata effettuata presso l’abitazione del destinatario. A conferma di tale tesi si richiamano le pronunce 3403/1996 e 7830/2015, in cui fu affermata la nullità della notifica consegnata al padre del destinatario, non nell’abitazione di quest’ultimo ma in quella del padre. Secondo un orientamento giurisprudenziale che può ritenersi ormai consolidato, invero, non è sufficiente che la persona cui sia stata consegnata la copia risulti in rapporti di parentela con il destinatario dell’atto, dovendo invece trattarsi di persona di famiglia oppure addetta alla casa, cioè – come hanno precisato gli Ermellini – di una persona «a lui legata da un rapporto di convivenza che, per la costanza di quotidiani contatti, dà affidamento che l’atto sia portato a sua conoscenza».