Verbale di conciliazione con il rebus-franchigia
Per chiudere un contenzioso tra eredi, si può finire per litigare con il fisco. Per quanto possa suonare paradossale, è un riflesso della complessità della disciplina tributaria. La norma in contestazione è l’articolo 17, comma 3, del Dlgs 28/2010, che riporta le agevolazioni fiscali introdotte nel procedimento di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali. Secondo tale disposizione, «il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente».
Come riconosciuto dalla stessa Agenzia (circolare 2/E/2013, par. 9), l’agevolazione si applica «anche per i verbali recanti trasferimenti di immobili o trasferimento o costituzione di diritti reali immobiliari di godimento». Per cui se le parti in lite, ad esempio per motivi di divisione ereditaria, si accordano per una cessione di immobili, la registrazione del verbale sconta l’imposta di registro solo sull’eventuale quota di corrispettivo eccedente la “franchigia” di 50mila euro. Il problema è che un atto di trasferimento immobiliare deve contenere una serie di prescrizioni (di natura urbanistica, fiscale, eccetera) tassativamente previste dalla legge per la sua stessa efficacia e necessita dell’intervento notarile. Il Dlgs 28/2010 (articolo 11, comma 3) prevede che «se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del Codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato». E qui nascono i problemi. Poiché il mediatore non è, normalmente, un notaio, nella pratica sono comuni questi due comportamenti alternativi:
• le parti, il mediatore e il notaio si accordano per stilare un verbale che contenga tutto il necessario e che viene autenticato dal notaio che ne cura la registrazione;
• le parti e il mediatore sottoscrivono un verbale di accordo, che viene allegato e richiamato dall’atto notarile di cessione che ne riproduce il contenuto con le forme tipiche dell’atto di cessione immobiliare.
A prima vista si tratta di due percorsi identici, finalizzati al medesimo risultato ed entrambi meritevoli del beneficio della “franchigia”. Così, tuttavia, non la pensa l’Agenzia che, leggendo in modo rigido la norma che richiama il solo “verbale” e non l’atto di trasferimento, riconosce l’agevolazione solo nel primo caso e non nel secondo. Originando così un contenzioso che – come spesso accade – ha già esiti alterni anche all’interno della stessa Commissione (favorevole ai contribuenti Ctp Milano 7044/16/2015; in senso contrario, decisione 8993/12/2014).
Per dirimere una questione per certi versi analoga sorta sugli atti di separazione e divorzio (articolo 19, legge 74/1987) ci volle l’intervento della Corte costituzionale (sentenza 154/1999), seguito dalla Corte di cassazione (pronuncia 6065/2000) e dall’Avvocatura generale dello Stato (parere 9050/2002).