Verifiche in azienda senza limiti di tempo
La permanenza dei verificatori civili o militari per la verifica presso la sede del contribuente, non potrebbe superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori 30 nei casi di particolare complessità. I giorni diminuirebbero a 15 per il controllo ad imprese in contabilità semplificata o ai professionisti.
Il condizionale tuttavia è d'obbligo perché in ipotesi di permanenza superiore a quella prevista non scatta alcuna conseguenza sotto il profilo fiscale, nel senso che i successivi atti compiuti sono perfettamente validi. Ne consegue che ai fini della legittimità dell'accertamento non ha rilevanza la durata del controllo.
Secondo infatti il consolidato orientamento della Suprema corte (per tutte 24690/2014 e 7870/2015) il termine imposto dalla norma è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso.
Peraltro ai fini del computo dei giorni lavorativi di permanenza, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza dei verificatori presso la sede del contribuente.
Si ricorda poi che nel corso dell'ispezione i verificatori possono copiare ed accedere al contenuto del pc senza necessità di una specifica autorizzazione, trattandosi di beni presenti nella sede aziendale e liberamente accessibili.
Per quanto concerne, invece, l'apertura coattiva di borse, casseforti, mobili, ripostigli corrispondenza e mail, se il contribuente si dovesse opporre all'apertura, alla lettura di mail non lette, ovvero intralciare in qualche modo il controllo è necessaria l'autorizzazione della Procura. Non occorre a tal fine che i verificatori evidenzino gravi indizi di evasione.
Nel corso dei controlli, sia se svolti presso la sede del contribuente, sia presso gli uffici dell'amministrazione, si verifica spesso che gli ispettori richiedano informazioni ai contribuenti. È il caso, ad esempio, della richiesta delle percentuali di ricarico applicate nella vendita dei beni, degli sconti praticati ai clienti, delle quantità di materie prime necessarie per la preparazione di determinati prodotti, delle abitudini dei clienti, delle modalità di conduzione dell'azienda ecc. Le risposte vengono così verbalizzate e, di sovente, sono successivamente utilizzate per ricostruire i ricavi ritenuti effettivi rispetto a quelli inseriti nelle dichiarazioni Iva e dei redditi del contribuente
In base agli articoli 32 del Dpr 600/73 e 51 del Dpr 633/72 gli uffici possono, tra l'altro, invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti. I problemi sorgono però allorché l'amministrazione “a sorpresa” ponga tali domande, ma, soprattutto quando pretende risposte nell'immediatezza delle richieste. A questo proposito si ricorda che entrambe le norme fiscali citate, prevedono a) un preavviso al contribuente (inviti e richieste devono essere fatti a mezzo di raccomandata a/r o notificati secondo altre modalità rituali); b) la possibilità (che è un diritto del contribuente e non una discrezione dell'Ufficio) di farsi rappresentare da un terzo delegato; c) che il contribuente fornisca risposte entro un termine non inferiore a quindici giorni
Ne consegue che nel momento in cui i verificatori pongono quesiti al contribuente, egli può legittimamente riservarsi di rispondere nei termini previsti dalla legge e quindi in non meno di quindici giorni. Questa circostanza va tenuta ben presente perché in genere alcune delle successive rettifiche nell'atto di accertamento si basano proprio sui dati e le informazioni fornite dal contribuente, spesso in modo affrettato, impreciso e senza riscontri obiettivi.