Imposte

Via l’Irap di giugno a tutte le imprese fino a 250 milioni di volume d’affari

Cade il vincolo sulla perdita di almeno il 33% di volume d’affari previsto dalla prima versione

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Cade il vincolo sulla perdita di fatturato per lo stop alla rata di giugno dell’Irap. Stop che quindi interesserà tutte le imprese fino a 250 milioni di volume d’affari, con l’eccezione di banche e assicurazioni.

La battaglia sull’Irap all’interno della maggioranza è proseguita fino a tarda sera. Perché l’annuncio televisivo di domenica sera, in cui il ministro dell’Economia Gualtieri aveva parlato di uno stop alla rata di giugno per una «fascia di imprese che ha subito un danno economico evidente», ha cominciato a far emergere l’idea dei limiti alla platea che aveva acceso le discussioni pomeridiane nella maggioranza. E le prime bozze circolate ieri pomeriggio avevano chiarito il problema: Irap addio per le aziende fra 5 e 250 milioni di volume di ricavi che ad aprile 2020 abbiano perso almeno due terzi del fatturato rispetto allo stesso mese del 2019.

Ma le discussioni sono proseguite subito, al punto che la prima norma è subito sparita dalla pioggia delle bozze circolate ieri pomeriggio. Fino al taglio generalizzato chiesto in primis da Italia Viva. Perché la misura, aveva fatto subito sapere da Iv il responsabile economico Luigi Marattin, deve essere «il più possibile generalizzata e senza condizioni, proprio per preservarne la semplicità di applicazione». E la stessa richiesta è arrivata dalle imprese, che si attendevano un intervento a tutto campo. Che arriva, “compensato” da un abbassamento della soglia di fatturato (fin qui prevista a 5 milioni) per accedere agli aiuti a fondo perduto.

Nella prima versione la tagliola del fatturato avrebbe escluso solo le imprese nate nel 2019, con lo stesso meccanismo pensato per i contriobuti a fondo perduto (anche loro ieri sera al centro di una riformulazione). Ma un vincolo sulla perdita di fatturato per tutte le altre imprese avrebbe aggiunto complicazioni a un aiuto fiscale che altrimenti sarebbe semplice, immediato e automatico.

Un inciampo del genere non sarebbe certo stato un inedito per il fisco italiano. Ma c’è un problema in più, ed è dato dal contesto nel quale si colloca il taglio Irap. che di fatto imporrebbe alle imprese di agire «al buio». Perché con il decreto ancora da approvare (si spera in un consiglio dei ministri oggi) e da inviare alle Camere, la data del saldo e dell’acconto Irap sarebbe caduta nel pieno delle discussioni parlamentari sulla conversione in legge.

Tanta complessità non sarebbe nemmeno giustificata dai numeri. Almeno da quelli elaborati dallo stesso ministero dell’Economia. Secondo i quali il 95% delle imprese fino da 5 a 250 milioni ha visto calare il fatturato della somma necessaria a ottenere lo sconto fiscale. In questa fascia, insomma, l’effetto collaterale è quello di spingere molte aziende ad aspettare la conversione in legge a luglio per capire come finisce una partita che di fatto esclude solo il 5% di loro. E queste ultime, se aspettano luglio, dovrebbero versare la rata con l’aggiunta dello 0,40% a titolo di interessi.

Sempre secondo il ministero dell’Economia la sospensione di saldo e acconto per tutta la fascia di imprese fino a 250 milioni, con banche e assicurazioni verrebbero escluse dalla norma, costa allo Stato circa 1,9 miliardi di euro.

La mossa su Irap e aiuti a fondo perduto, che ora attende conferma finale dai testi che andranno in consiglio dei ministri, riduce un po’ lo sbilanciamento tra le imprese fino a 5 milioni di ricavi e quelle da 5 a 250 milioni. Per le più piccole, infatti, i 7 miliardi messi a disposizione consentirebbero di ottenere di fatto la cancellazione di tutta l’Irap, pari a circa 5 miliardi, dopo aver versato il secondo acconto del novembre scorso beneficiando di uno sconto del 10% che ora dovrebbero versare a saldo. Per le imprese più grandi il vantaggio si limiterebbe al solo 40% del primo acconto visto che il saldo è già stato versato nella stragrande maggioranza dei casi con i pagamenti 2019.

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