Vietata l’opzione per il consolidato in dichiarazione tardiva o integrativa
In un interpello inedito emesso in Lombardia l’agenzia delle Entrate torna sul tema dell’esercizio tardivo di opzioni. Si afferma che l’esercizio di opzioni, quando previsto in dichiarazione, non è ammesso tramite la dichiarazione tardiva o integrativa presentata nei 90 giorni, dal momento che l’unico rimedio esperibile è quello della remissione in bonis, alla stringente condizione che non si tratti di un ripensamento e sia stato tenuto un comportamento concludente.
Questa posizione ribalta quanto precedentemente sostenuto dall’Agenzia a livello centrale nella risoluzione 325/E/2002 circa la valenza pienamente sostitutiva della dichiarazione nei 90 giorni, come tale idonea a esercitare o modificare scelte negoziali. La tesi ora sostenuta è che tale precisazione debba intendersi confinata al caso di altre opzioni, non sanabili tramite la remissione in bonis, come quella per la rateizzazione di plusvalenze. Opzioni, peraltro, di non univoca identificazione.
Queste conclusioni si fondano su un grave equivoco, secondo cui le opzioni come quella per il consolidato fiscale (oggetto dell’interpello citato) vadano esercitate entro un termine tassativamente identificato (quello ordinario di presentazione della dichiarazione) e che, oltre tale termine, l’unica strada possibile sia la remissione in bonis: la dichiarazione nei 90 giorni sarebbe, quindi, una modalità di sanatoria ormai superata e incompatibile con gli obiettivi dei relativi istituti.
Ma non è così. Infatti, sempre nell’esempio del consolidato fiscale, la norma regola esclusivamente la modalità di esercizio dell’opzione, prescrivendone l’esplicitazione in una dichiarazione validamente presentata: in base all’articolo 2, comma 7, Dpr 322/1998, è tale anche quella presentata entro 90 giorni che - nel pensiero della stessa agenzia delle Entrate, prima di questo nuovo interpello - è anche idonea a sostituire ad ogni effetto la dichiarazione eventualmente già presentata entro la scadenza ordinaria. In altri termini, se ai fini della validità delle dichiarazioni presentate le norme equiparano le dichiarazioni nei 90 giorni a quelle presentate nei termini ordinari, non è chiaro su quale base l’amministrazione operi ora una distinzione tra queste dichiarazioni ai fini dell’esercizio dell’opzione per il consolidato. Una tale distinzione avrebbe potuto avere fondamento se l’opzione per il consolidato fosse da esercitare entro una data autonoma fissata dalla legge (ad esempio, entro il 30 settembre), ma così non è: il termine, infatti, si rinviene per trascinamento dal requisito primario della dichiarazione validamente presentata.
Solo dopo che il treno della dichiarazione valida è passato si apre, quindi, la questione della sanatoria tramite remissione in bonis. Diversamente sarebbe scardinato il presupposto di fondo della validità ad ogni effetto della dichiarazione, attribuendo alla remissione in bonis il compito di riscriverne la storia nel periodo successivo alla scadenza del termine ordinario, e restringendone la portata rispetto a quanto prima pacificamente ammesso (si veda, appunto, la risoluzione 325/E/2002).
Tra l’altro, le conseguenze sarebbero assai asistematiche: come si apprezzerebbe, infatti, il comportamento concludente sul consolidato prima del versamento della seconda rata di acconto, quando nessun adempimento rivela l’intenzione soggettiva del contribuente? Si dovrebbe, inoltre, ritenere che chi presenta la prima dichiarazione nei 90 giorni veda preclusa l’opzione per il consolidato se non ha versato il secondo acconto come se il consolidato fosse in essere?
Pare, dunque, che l’Agenzia debba con urgenza chiarire a beneficio di tutti e di molti casi che si possono prospettare la reale portata della dichiarazione nei 90 giorni (quale dichiarazione valida ad ogni effetto), restituendo alla remissione in bonis il ruolo agevolativo che essa aveva nelle intenzioni del legislatore, di strumento che si aggiunge e non limita quanto prima già possibile; e inquadrando opzioni, come quelle sul consolidato, come ipotesi di legittimo risparmio di imposta, che come tali non dovrebbero soggiacere a restrizioni. Le limitazioni ipotizzate paiono arroccate sulla pretesa che la scelta sia consapevolmente effettuata a distanza dalla chiusura dell’esercizio, quando non vi è adeguata visibilità sui risultati. Cosa che, però, non è esplicitata nelle norme di riferimento e, se fosse, avrebbe richiesto la previsione di un esercizio dell’opzione molto più anticipato di quanto non sia attualmente.