Imposte

«Visco-sud» senza obbligo di citazione in fattura

Legittimo il credito d’imposta anche se nella fattura d’acquisto non è citata la norma di riferimento

di Giorgio Gavelli

Non costituisce requisito indispensabile per la legittima fruizione del credito d’imposta Visco-sud (articolo 8, legge 388/2000) l’omessa annotazione della norma istitutiva sulle fatture di acquisto dei beni agevolati; tuttavia non sono eleggibili ai fini del suddetto credito d'imposta i costi sostenuti sulla parte di immobile locata a terzi. È questa la conclusione cui giunge la Ctr Puglia con decisione 1099/23/2019 (presidente Dima, relatore De Lorenzi).

Il credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate del Paese fu istituito per agevolare l’acquisto (anche tramite locazione finanziaria) di beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, destinati a strutture già esistenti o da impiantare nelle aree territoriali previste dal legislatore. In merito alle questioni oggetto del contenzioso deciso dalla commissione pugliese, la circolare 41/E/2001 aveva affermato che:

• gli investimenti in immobili strumentali per natura sono agevolabili solo se effettivamente destinati alla struttura produttiva dell’impresa;

• su ogni fattura di acquisto o di locazione finanziaria riguardante i beni/servizi agevolati deve essere apposta, a pena di revoca dell’agevolazione, con scrittura indelebile, anche mediante apposito timbro, la dicitura: «Bene acquistato con il credito di imposta di cui all'art. 8 della legge 388/2000, esposto mediante il modello F24 del mese di ….».

Sul primo punto, la commissione, accogliendo l’appello delle Entrate, stabilisce che dai costi meritevoli del credito d’imposta doveva essere scorporata la quota dell’immobile strumentale per natura locato a terzi. Peraltro il comma 7 dell’articolo 8 in esame prevede la rideterminazione del credito qualora, entro il quinto periodo d'imposta successivo all'entrata in funzione, i beni agevolati siano «destinati a finalità estranee all'esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione» (si veda anche Cassazione 20810/2017).

Sul secondo punto, la sentenza osserva che una circolare, in quanto atto interno all'Amministrazione finanziaria, non può prevedere una causa di revoca del beneficio non previsto dalla norma di legge, a maggior ragione per inadempimenti di natura formale. Si tratta, a dire il vero, di un “vizio” piuttosto frequente con riferimento alle agevolazioni in genere, con regolamenti amministrativi e documenti di prassi che non si limitano ad attuare i precetti legislativi ma ne “inventano” degli altri, violando così il principio di gerarchia delle fonti giuridiche.

Alla stessa conclusione è giunta la Corte di cassazione (sentenza 5137/2014), che ha ricordato come «la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni, non vincola nè i contribuenti nè i giudici, né costituisce fonte di diritto; gli atti ministeriali medesimi, quindi, …… non possono imporre ai contribuenti nessun adempimento non previsto dalla legge nè, soprattutto, attribuire all’inadempimento del contribuente alle prescrizioni di detti atti un effetto non previsto da una norma di legge (Cassazione 11931/1995 e 14169/2000 e 21154/2008)». Nello stesso senso si vedano le pronunce 7480/2016, 22486/2013 della Suprema corte 295/22/2011 della Ctr Lazio e 19/9/2008 della Ctr Abruzzo.

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