Visti infedeli, il domicilio del responsabile dell’assistenza orienta le sanzioni
La Dre competente non si determina guardando alla circoscrizione in cui è domiciliato il contribuente
Spetta alla Direzione regionale delle Entrate (Dre) competente in ragione del domicilio fiscale del responsabile dell’assistenza fiscale - e non all’ufficio nella cui circoscrizione è domiciliato il contribuente- irrogare la sanzione in caso di apposizione di visti di conformità infedeli.
La responsabilità in capo all’intermediario è limitata soltanto al pagamento di una somma pari al 30% della maggiore imposta dovuta e non più all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente. In questi termini si è espressa al Corte di Giustizia di secondo grado della Liguria con la sentenza 344/3/2023.In caso di visto di conformità infedele, l’articolo 39, comma 1, lettera a), del Dlgs 241/97, prevedeva che il professionista abilitato, il Responsabile dell’assistenza fiscale e, in solido con quest’ultimo, il Caf erano tenuti al pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente.
Con il Dl 4/2019 il legislatore è intervenuto sull’articolo 39, comma 1, lettera a), del Dlgs 241 del 1997 prevedendo, rispetto al passato, che in caso di visto di conformità infedele il Caf o il professionista sono tenuti al pagamento di un importo pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata, sempre che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
Per effetto della novella normativa, che è entrata in vigore il 30 marzo 2019, l’amministrazione finanziaria ha avuto modo di ribadire (circolare 14/E del 2023) che per le violazioni commesse antecedentemente a tale data non è applicabile retroattivamente la nuova disciplina, che è destinata a sanzionare gli errori commessi dai Caf e dai professionisti a partire dall’assistenza fiscale prestata nel 2019 (anno d’imposta 2018).
Di diverso avviso è stata, invece, la Corte di giustizia tributaria che, in accoglimento dell’appello del contribuente, ha annullato la cartella di pagamento.Secondo il collegio giudicante non è condivisibile il fatto che al responsabile dell’assistenza fiscale venga imposto l’onere di corrispondere, in luogo dell’effettivo debitore d’imposta, un importo di natura risarcitoria pari all’imposta, oltre alle sanzioni e interessi.
Ad avviso dei giudici le somme che avrebbe dovuto corrispondere il contribuente costituiscono solo il parametro per determinare la sanzione che deve essere irrogata al Caf o al professionista.
Di conseguenza, data la natura sanzionatoria delle somme richieste a quest’ultimi e, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria nei vari provvedimenti di prassi, deve trovare applicazione il principio del favor rei anche per violazioni commesse prima del 30 marzo 2019.