Visto di conformità «leggero»
Visto di conformità leggero sui redditi da indicare sul
I 730 inviati da Caf e professionisti abilitati devono obbligatoriamente essere corredati del
I controlli sui redditi
Chi appone il visto di conformità è tenuto ad effettuare i controlli che sarebbero ordinariamente propri della procedura prevista dall’articolo 36-ter del Dpr n. 600/73. Ne consegue che è necessario controllare che l’importo dei redditi indicati nella dichiarazione, nonché delle ritenute subite, corrisponda a quanto riportato nelle certificazioni relative ai redditi corrisposti nel 2016. Nessun obbligo di controllo scatta in relazione ai redditi che non siano certificati da parte del contribuente, né chi appone il visto si ritiene debba verificare la correttezza sostanziale delle certificazioni che gli vengono consegnate in originale.
I controlli sugli oneri
Più delicato appare il tema che attiene ai controlli sugli oneri (deducibili e detraibili). Il Caf o il professionista abilitato, infatti, è tenuto ad effettuare in primis una verifica documentale tesa a controllare che l’entità della spesa riportata sul modello corrisponda a quanto indicato sulla documentazione in originale ed in seconda battuta un controllo in merito alla corretta applicazione delle disposizioni che disciplinano la deduzione o la detrazione degli oneri.
Occorre quindi verificare che il pagamento sia stato effettuato nel corso del 2016 (salvo per gli oneri a deduzione rateizzata), che il documento sia intestato al contribuente (salvo le spese sostenute nell’interesse delle persone fiscalmente a carico) e, si ritiene, se lo specifico onere consente di fruire degli sconti previsti con riferimento alla natura del costo e ai limiti di deducibilità previsti dal Tuir. Il controllo in relazione alle spese suddivise in più anni, deve essere effettuato ad ogni utilizzo dell’onere. Al riguardo la circolare n. 7/E/2015 ha chiarito che il soggetto che presta l’assistenza fiscale può, qualora abbia già verificato la documentazione in relazione ad una precedente rata, e ne abbia eventualmente conservato copia, non richiederne di nuovo al contribuente l’esibizione.
La correzione
L’articolo 7-quater, comma 48, del Dl 193/2016, modificando l’articolo 39, comma 1, lettera a) del Dlgs 241/1997, ha ampliato sul piano temporale la possibilità per gli intermediari di intervenire autonomamente per correggere gli errori commessi nell’apposizione del visto, contenendo in tal modo il rischio di dover rispondere della sola sanzione dovuta. È stato infatti sancito che l’infedeltà del visto, se non già formalmente contestata dalle Entrate, può essere oggetto della presentazione di una dichiarazione o di una comunicazione rettificativa da parte dell’intermediario, anche dopo il 10 novembre dell’anno di presentazione della dichiarazione errata, termine molto rigido che era originariamente previsto dalla Legge. In pratica nel caso di correzione spontanea del visto prima della contestazione dell’irregolarità, l’intermediario risponde solo della sanzione, riducibile ex articolo 13 del Dlgs. n. 472/1997. Le Entrate nel corso di Telefisco sul punto hanno precisato che «trattandosi di modifica di una norma procedurale (...) per sua natura, trova applicazione anche con riferimento alle attività rettificative per le quali risulta già spirato il termine del 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa» sdoganando in pratica l’applicazione retroattiva della norma.