Voluntary «3.0», si studia una sanatoria su contanti e cassette di sicurezza
Per la pace fiscale a quattro vie la Lega gioca il jolly aggiuntivo: una voluntary diclosure sul contante e le cassette di sicurezza. Un’idea non del tutto originale e studiata un anno fa anche dal precedente Governo Gentiloni in vista della messa a punto della manovra e del decreto fiscale collegato. E che ora il partito di maggioranza e di governo ha consegnato al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, tra i possibili capitoli della prima legge di Bilancio gialloverde.
L’ipotesi allo studio è quella di consentire il rientro dei capitali in contanti o custoditi nelle cassette di sicurezza dagli italiani con il versamento di una cedolare che la Lega ipotizza al 15 o al massimo al 20% allineandola di fatto alla flat tax. In questo modo si rispetterebbe, di fatto, il principio posto alla base delle due voluntary disclosure targate Pd che concedevano uno sconto sulle sanzioni penali e amministrative a fronte del pagamento delle imposte dovute sui capitali sottratti a tassazione in Italia e detenuti illegalmente oltre confine. Due operazioni che hanno riscosso particolare successo garantendo all’Erario maggiori entrate per 5 miliardi di euro tra imposte e sanzioni già versate con la prima e la seconda edizione del rientro dei capitali.
I patrimoni oltreconfine
Nel caso del contante e delle cassette di sicurezza la “base imponibile” sfuggita al Fisco e alle autorità italiane secondo le ultime stime si aggirerebbe sui 200 miliardi di euro. Il procuratore di Milano, Francesco Greco, lo scorso anno ha evidenziato come uno dei nodi da sciogliere fosse quello del contante e ha rimarcato le ingenti cifre nascoste o illecitamente detenute all’Estero. Sulle somme conosciute e che sottostanno al monitoraggio fiscale del quadro «RW» della dichiarazione dei redditi, ieri Il Sole 24 Ore del Lunedì ha evidenziato come tra conti, case e azioni il tesoro all’estero degli italiani valga 220 miliardi.
Il contante e le cassette di sicurezza sono però fuori da questo conteggio e quindi rappresentano un potenziale aggredibile e che potrebbe assicurare alla Lega quelle risorse aggiuntive per avviare le riforme annunciate, a partire dal reddito di cittadinanza.
L’obbligo di investimento
E proprio sul sostegno al welfare e alla crescita delle imprese e delle nuove iniziative produttive poggia la proposta avanzata dalla Lega: chi vuole regolarizzare il contante detenuto all’estero o nelle cassette di sicurezza potrà versare un’imposta forfettaria del 15 o al massimo del 20% (la proposta studiata dal Governo Pd prevedeva il 35%) . L’eccedenza fatta emergere o fatta rientrare in Italia non resterà comunque nella piena disponibilità del contribuente, ma dovrà essere obbligatoriamente investita in Piani individuali di risparmio di medio e lungo periodo (Pir), che oggi garantiscono uno sconto pieno di imposta sulla plusvalenza se mantenuti in portafoglio per almeno 5 anni. L’ipotesi del passato Governo, poi bocciata per il veto della sinistra confluita in Leu e di una parte interna allo stesso Pd, prevedeva l’obbligo di investimento dell’eccedenza in titoli di Stato o in bond (si veda Il Sole 24 Ore del 20 settembre 2017).
Per consentire l’investimento obbligatorio in «Pir» verrebbe cancellato l’attuale tetto dei 30mila euro per anno e a differenza degli attuali piani potrebbe essere reintrodotta una tassazione sui rendimenti. Il gettito sarebbe destinato interamente a finanziare azioni di welfare per famiglie in difficoltà, nuova occupazione e reddito di cittadinanza. Il ritorno alla tassazione del rendimento ottenuto con la sottoscrizione dei Pir trova la sua ragione nel fatto che il regime premiale della voluntary è legato dalla disapplicazione delle sanzioni amministrative e a uno sconto sul penale.
Resta fuori - in continuità con i due rientri di capitali di matrice Pd già realizzati - la copertura per reati come la corruzione, il riciclaggio, l’autoriciclaggio.