Controlli e liti

La legge antiriciclaggio segna il passo

di Alessandro Galimberti

Alla normativa sull'antiriciclaggio – e sempre in attesa dell'enigma tutto politico sul nuovo reato di autoriciclaggio – dopo sette anni serve un tagliando "di peso".
Sommersa da una miriade di segnalazioni (saranno oltre 70 mila nel 2014, secondo le stime) in gran parte di banche e poste – e quasi sempre per mera autotutela – l'Unità di informazione finanziaria ha bisogno di intercettare, via intermediari e professionisti appunto, le nuove frontiere del riciclaggio. Che ormai si sta muovendo sempre più verso il cash in–cash out (persone fisiche titolari di centinaia di prepagate, utilizzate in contemporanea in tutto il mondo), verso l'utilizzo di società opache (assicurazioni svizzere o enti di cartolarizzazione comunitaria), polizze unit linked irlandesi o lussemburghesi (controllate da soggetti italiani), broker estere di proprietà italiana che svolgono operazioni in perdita o senza apparente utilità economica, e infine Onlus con operatività all'estero (anche white list), per terminare con i classici compro-oro.
Dell'evoluzione della finanza sommersa – valore di Pil: 15% – si è parlato ieri in Banca d'Italia in un incontro promosso dal Centro studi Pier Luigi Vigna. E mentre l'Uif lancia un appello ai soggetti tenuti per legge alle segnalazioni, a cominciare dalle professioni classiche, ancora molto timide, la posizione del Centri studi è chiara: «Credo che a sette anni dal varo del dlgs 231 è tempo di pensare a una tipizzazione delle condotte di antiriciclaggio» ha detto Emanuele Fisicaro, ricordando che l'evoluzione regolamentare (provvedimento 3 aprile 2013 di Bankitalia) e giurisprudenziale hanno già rivoluzionato il sistema. L'utilizzo del «dolo eventuale» nei confronti delle banche, o meglio dei direttori di agenzie, è un segnale chiaro che serve anche un cambio di cultura aziendale. Anche perché i flussi finanziari dei territori incrociati con i risultati Uif dicono che, per esempio, in una provincia del Nord, a fronte di 347 procedimenti penali aperti, solo quattro hanno "paternità" Uif. «La 231 è da rivedere – ha concluso Fisicaro – fissando elementi tassativi e non più solo linee guida di comportamenti».
Di «cultura bancaria» ha parlato anche Michele Muscolo (ad di Generfid) secondo cui il merito del credito e l'applicazione corretta di Mifid basterebbero già come «elementi complementari naturali dell'antiriciclaggio», ma evidentemente troppi fanno abili slalom tra etica e prassi.
Segnali importanti arrivano dal mondo delle fiduciarie. Fabrizio Vedana, vicedirettore di Unione Fiduciaria, ha spiegato che per la profilazione del cliente ormai non ci si accontenta più dell'identikit "statico" dei protocolli, ma si redige settimanalmente un rating dinamico – e con procedura rafforzata – tratto da banche dati pubbliche, articoli di giornale e rassegne stampa. Per scoprire che, quasi ormai quotidianamente, qualche cliente è diventato suo malgrado "famoso".

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