Controlli e liti

Il rimpatrio dei capitali abbandona il decreto

di Beda Romano e Alessandro Galimberti

Nelle stesse ore in cui Austria e Lussemburgo annunciano la fine della storica resistenza allo scambio automatico di informazioni fiscali – chiudendo un'imbarazzante falla dentro la stessa Ue - il Governo di Roma abbandona ufficialmente la pista della voluntary disclosure per il rientro dei capitali, quantomeno nell'attuale formulazione (Dl 4/2014).
Lo scenario che si apre ora a Montecitorio, stando alle prime indicazioni, è un dibattito parlamentare attorno a vari disegni di legge – uno già depositato, si veda Il Sole 24 Ore di ieri, altri in arrivo – da chiudere «entro maggio», come ha dichiarato il viceministro Luigi Casero al termine della seduta di ieri della Commissione Finanze.
Proprio la sesta Commissione, ieri pomeriggio, ha tracciato un solco che segna un punto di non ritorno: l'articolo 1 del Dl "voluntary" (4/2014) è stato stralciato con un emendamento, del "vecchio" decreto va avanti solo la parte sulle alluvioni (Modena e Sardegna) che viaggia verso la conversione definitiva. Il rimpatrio di capitali, invece, prende una strada diversa: fino al 29 prossimo resterà su un binario morto, poi, dopo che saranno decaduti gli effetti del dl 4/14, inizierà l'iter di discussione dei nuovi ddl. «Non facciamo però il funerale alla voluntary disclosure – dice il relatore Giovanni Sanga (Pd) – perché l'architettura del nuovo provvedimento partirà proprio dal testo attuale. Ma allo stesso modo non possiamo trascurare gli esiti delle nostre audizioni con le categorie, che hanno messo in luce aspetti problematici e che meritano di essere discussi e risolti dal Parlamento. Ne uscirà una voluntary migliore, ne siamo certi».
E mentre a Roma ci si interroga su come richiamare in patria il "nero" internazionale, i Ventotto paesi Ue hanno compiuto ieri evidenti progressi nella lotta contro l'evasione fiscale e verso l'adozione di una modifica della direttiva risparmio. Durante una riunione dei ministri delle Finanze, Lussemburgo e Austria hanno dato il loro benestare di massima. Un accordo politico ci sarà al prossimo vertice europeo di fine marzo.
«Il Lussemburgo ha cambiato la sua politica - ha detto Pierre Gramegna, il ministro delle Finanze del Granducato -. Si tratta per noi di una decisione così importante che deve essere decisa e annunciata dal nostro premier». La questione verrà discussa dal Consiglio europeo del 20-21 marzo. Il nuovo testo legislativo prevede lo scambio di informazioni tra autorità fiscali per il reddito da interesse generato non solo da conti bancari (come ora), ma anche da contratti di assicurazioni e fondi d'investimento.
L'atteggiamento conciliante del Lussemburgo è da attribuire ai progressi registrati nei negoziati tra la Commissione e cinque paesi limitrofi. La Svizzera, San Marino, il Liechtenstein, Andorra e Monaco stanno negoziando con Bruxelles l'adozione della stessa direttiva. Sia il Lussemburgo che l'Austria avevano chiesto di toccare con mano un accordo con questi cinque paesi prima di dare il loro benestare al nuovo testo comunitario.
«Non possiamo aspettare che l'intesa con i paesi terzi sia firmata», ha ammesso sempre qui a Bruxelles il ministro delle Finanze austriaco, Michael Spindelegger, lasciando intendere che anche Vienna darà presto il suo benestare alla nuova direttiva europea, sul tavolo dei ministri dal 2008. I due paesi riottosi hanno voluto essere sicuri che vi sarebbe stata eguaglianza di trattamento con i paesi limitrofi, concorrenti nell'attirare risparmio europeo.
I negoziati della Commissione con Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Andorra e Monaco hanno registrato «buoni progressi», ha assicurato ieri il commissario al fisco, Algirdas Semeta. «Anche se è deludente non aver trovato un accordo politico su questo dossier oggi - ha aggiunto Semeta -, è chiaro che siamo molto vicini alla linea d'arrivo». L'attesa adozione di questa direttiva europea giunge mentre aumentano le pressioni a livello internazionale per lo scambio automatico di dati bancari.

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