Imposte

Sì all’utilizzo delle perdite subite da una società controllata in un altro Stato

immagine non disponibile

di Davide Alberto De Santis

È compatibile con il principio della libertà di stabilimento la legislazione di uno Stato Ue che preveda la possibilità di utilizzare le perdite subite da una società controllata residente in un altro Stato solo qualora questa non abbia più alcuna possibilità di compensare le perdite nell'esercizio in cui sono sorte e negli esercizi precedenti e successivi. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia nella sentenza relativa alla causa C-172/13 , esprimendosi sui limiti previsti dalla normativa inglese in materia di utilizzo delle perdite transfrontaliere.

La sentenza trae origine dalla risoluzione Marks & Spencer (Causa C-446/03) dove la Corte aveva affermato che – in linea generale - l'impossibilità di utilizzare le perdite fiscali generate in un altro Stato membro potesse essere giustificata da motivi imperativi di interesse economico; tuttavia, non era giustificabile prevedere tale limitazione qualora la controllata non residente avesse esaurito le possibilità di utilizzare le perdite maturate nel proprio Stato di residenza; in tal caso, per essere conforme alla liberta di stabilimento, la legislazione nazionale dovrebbe prevedere una facoltà di utilizzo di dette perdite in capo alla controllante nel proprio Stato di residenza (Causa C-446/03, punto 55)
Secondo la Corte, pertanto, ove una controllante residente dimostri all'amministrazione finanziaria che una sua controllata non residente abbia subito perdite “definitive” la preclusione di portare in deduzione tali perdite dal proprio imponibile risulterebbe in contrasto con l'articolo 49 del Tfue.

In seguito alla sentenza Marks & Spencer il Regno Unito aveva modificato la propria normativa fiscale, prevedendo espressamente la possibilità per una controllante residente di dedurre le perdite generate in un altro Stato membro, ma solo qualora la controllata non residente abbia esaurito le possibilità di far valere tali perdite nel corso dell'esercizio fiscale di maturazione e non vi sia alcuna possibilità di riporto all'indietro o in avanti (carry-back o carry-forward) di tali perdite. Inoltre, la legislazione inglese – così come modificata a seguito della M&S - prevede che la verifica sulla possibilità di utilizzo futuro delle perdite deve essere effettuata «immediatamente alla scadenza» dell'esercizio nel corso del quale le perdite sono state subite. Secondo la Commissione tali requisiti rendevano di fatto quasi impossibile portare effettivamente in deduzioni le perdite subite all'estero dall'imponibile del Regno Unito; pertanto anche, a seguito delle modifiche apportate, la normativa inglese risultava ancora in contrasto con la libertà di stabilimento.

La Corte ha invece concluso ritenendo la nuova normativa inglese non in contrasto con la libertà di stabilimento e conforme ai principi dettati nella decisione Marks & Spencer. Secondo quanto affermato dal Regno Unito, infatti, la prova relativa alla definitiva impossibilità di utilizzo delle perdite nello Stato di residenza della controllata può essere dimostrata qualora, alla scadenza dell'esercizio in cui le perdite sono state generate, la controllata medesima abbia cessato le proprie attività commerciali cedendo o eliminando tutti i propri attivi produttivi di ricavi.

In sostanza, la Corte conferma il proprio orientamento in merito alla possibilità di compensare le perdite generate in altri Stati membri, nonostante l'avvocato generale Kokott auspicasse da tempo che venisse abbandonata tale possibilità (su tutte le conclusioni dell'avvocato generale in relazione al caso «K» nella Causa C-322/11).

La sentenza della Corte di giustizia Ue sulla causa C-172/13

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©