Imposte

Più tasse ambientali e meno sconti fiscali: obiettivo 1,8 miliardi

di Carmine Fotina e Marco Mobili

Un centesimo in più ogni litro di gasolio garantisce all’Erario un prelievo alla pompa di 144 milioni di euro. È la stima che circola ancora sui tavoli dei tecnici che gestiscono il dossier della legge di bilancio. Proprio mentre a sorpresa, dopo le smentite dei giorni scorsi, la Nota di aggiornamento al Def ha esplicitamente confermato che il Governo conta di recuperare circa lo 0,1% di Pil, pari a 1,8 miliardi di euro, anche dal taglio dei «sussidi dannosi per l’ambiente e nuove imposte ambientali». Va detto che, sempre secondo il documento di finanza pubblica inviato ieri alle Camere, a contribuire all’obiettivo dello 0,1% del Pil dovranno essere anche la riduzione delle tax expenditures. Tra queste ultime molte hanno contemporaneamente il “requisito” di sussidio ambientale. In sintesi, l’ultimo Catalogo messo a punto dal ministero dell’Ambiente include 26 misure riguardanti le accise sui prodotti energetici (nella maggior parte dei casi esenzioni o agevolazioni rispetto ai valori “normali” di accisa), 14 tipi di prodotti con Iva agevolata, 7 schemi di agevolazione sulla tassazione sul reddito (sia Irpef che Ires), 5 schemi di sussidio diretto (agricoltura), 5 misure di sussidio riguardanti altre forme d’imposizione (allocazione gratuita dei permessi ETS, sconto su tassa di ancoraggio, tonnage tax, Tasi e tariffe idriche). Tra tutte queste voci – almeno stando a quanto riportato nella Nadef – il Governo dovrà decidere che cosa alleggerire, direttamente nella legge di bilancio oppure nel disegno di legge collegato sul Green New Deal e la transizione ecologica.

Oltre alla riduzione dei sussidi sul gasolio anche l’inedita tassa sugli imballaggi (si veda Il Sole 24 Ore del 26 settembre) sembra resistere al fuoco di sbarramento delle associazioni di categoria, dell’opposizione e della stessa maggioranza che invece hanno spinto il governo nei giorni scorsi a cancellare dal menù della manovra le tasse sulle merendine, la sugar tax sulle bibite gasate e l’aviation tax sui voli aerei.

Al netto delle dichiarazioni ufficiali dei vari rappresentanti del Governo e dello stesso presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, sulla volontà di «non compromettere nulla sul gasolio agricolo», c’è ora la Nadef a riaccendere un faro sul differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio. Oggi oltre il 97% dei sussidi dannosi per l’ambiente è costituito da sconti fiscali,mentre per il 3% sono trasferimenti diretti. Quello più oneroso è il differenziale dell’accisa tra benzina e gasolio (molto più bassa per quest’ultimo): nel trasporto auto passeggeri incide per circa 5 miliardi di mancato gettito (diventano quasi 6 miliardi se si include l’Iva). Secondo le ultime rilevazioni del Mise la componente fiscale sul Diesel è pari al 60%. Su ogni litro di gasolio al costo di 1,483 euro lo Stato oggi incassa 0,88 centesimi di euro: il 42% come accisa (0,617 al litro) e il 18% come prelievo Iva ad aliquota ordinaria del 22 per cento. A conti fatti e a parità di consumi del 2018 pari a 24 miliardi di litri, l’aumento di un solo centesimo di euro al litro porterebbe nelle casse dell’Erario, come detto 144 milioni di euro: 96 milioni sotto la voce accisa e 48 milioni sotto la voce Iva. In pratica, se si volesse addirittura azzerare il differenziale tra il prezzo della benzina e quello diesel, con 10 centesimi di aumento lo Stato si garantirebbe un gettito di poco meno di 1,5 miliardi.

L’inserimento della voce sussidi e tasse ambientali nella Nadef ha spiazzato le imprese, agricoltori ma non solo, che credevano che il tema fosse stato accantonato. Senza certezze sulla lista finale che entrerà direttamente in manovra, si allunga un’incognita anche sul settore industriale per quanto riguarda le agevolazioni sul costo dell’energia. E sul punto il ministero dello Sviluppo economico guidato da Stefano Patuanelli sembra avere un approccio molto più cauto rispetto a ipotesi forse esaminate da altri dicasteri. Nei giorni scorsi Patuanelli era stato chiaro: «No accanimenti, le produzioni energivore vanno accompagnate verso la transizione».

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