Controlli e liti

Holding industriale, niente clausola di salvaguardia con l’istanza di rimborso

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di Angelo Conte

Il contenzioso che verte sulla qualifica di holding industriale, ai fini Irap, non si arresta neanche con la nuova definizione normativa introdotta dal Dlgs 142/2018 (recepimento della direttiva Atad) e la connessa previsione di una clausola di salvaguardia che fa salvi, a certe condizioni, i comportamenti pregressi tenuti dai contribuenti. Nello specifico, l’istanza di rimborso della maggiore imposta versata non può essere considerata un comportamento rilevante ai fini dell’attivazione della clausola. Questo è il principio che emerge dalla sentenza 1519/13/2019 della Ctr Lombardia.

La vicenda
La vicenda trae origine dal provvedimento emesso dall’Ufficio di diniego di un’istanza di rimborso presentata da un contribuente nel 2015, volta a richiedere la ripetizione dell’Irap pagata in eccesso relativamente all’annualità 2010. Nello specifico, la società istante, in presenza del solo requisito patrimoniale e non di quello reddituale, chiedeva il rimborso delle imposte pagate come società commerciale, ritenendo invece di dover essere qualificata holding industriale. A seguito della sentenza di primo grado che aveva accolto le ragioni del contribuente, l’Ufficio proponeva appello deducendo la violazione dell’articolo 6, comma 9, del Dlgs 446/1997 in combinato disposto con l’articolo 10, comma 10, del Dlgs 141/2010.
In effetti, l’articolo 6, prima della modifica apportata dal Dlgs 142/2018, definiva quali holding industriali quei soggetti per cui sussisteva l’obbligo dell’iscrizione nell’elenco previsto dall’articolo 113 del Tub. Considerando che l’articolo 10 del Dlgs 141/2010 aveva soppresso l’elenco in questione, si era creato un vuoto normativo che è stato recentemente colmato dal Dlgs 142/2018, tramite l’introduzione nel Tuir dell’articolo 162 bis, valevole anche ai fini Irap.

In tale contesto di vuoto normativo, Assoholding e una parte della giurisprudenza (vedasi Ctr Lombardia 250/2018) hanno sostenuto che, prescindendo dal dato formale costituito dall’iscrizione all’elenco in questione, l’articolo 6, comma 9, del Dlgs 446/1997 continuasse ad applicarsi quando in base ai dati di bilancio relativi agli ultimi due esercizi chiusi, ricorrevano, congiuntamente, i due presupposti:
•l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria fosse superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale (requisito patrimoniale);
•l’ammontare complessivo dei proventi prodotti dagli elementi dell’attivo sopra richiamati fosse superiore al 50% del totale dei proventi (requisito reddituale).

La decisione
Seguendo tale falsariga, la Ctr Lombardia, nella sentenza 1519/13/2019, finisce per accogliere l’appello dell’agenzia delle Entrate, ritenendo che la disposizione contenuta nel Dlgs 142/2018 ha portata innovativa, mentre, precedentemente, risultava necessaria per la qualifica di holding industriale la congiunta presenza dei due predetti requisiti (patrimoniale ed economico). Al di là delle diverse e non coincidenti interpretazioni fornite in materia dall’amministrazione finanziaria anche attraverso le istruzioni al modello Irap, i giudici lombardi pervengono a tale conclusione alla luce di una lettura organica della disciplina introdotta dal legislatore nel 2010.

La sentenza in questione risulta, tuttavia, essere particolarmente interessante soprattutto per l’interpretazione data alla cosiddetta clausola di salvaguardia contenuta nel Dlgs 142/2018. Tale decreto, infatti, oltre ad avere colmato una lacuna normativa (dando rilievo esclusivamente al parametro patrimoniale), ha anche l’ulteriore pregio di aver previsto, dato il contesto di incertezza in cui erano chiamati a muoversi i contribuenti, una clausola (articolo 13, comma 10) che fa salvi gli effetti sulla determinazione del valore della produzione, purché prodotti da comportamenti, tra loro coerenti, manifestati entro l’8 agosto 2018.

La portata applicativa
Già in un precedente articolo (si veda Il quotidiano del Fisco del 1° marzo 2019), si era auspicato che, per motivi equitativi, la clausola di salvaguardia potesse coprire anche i casi in cui i contribuenti, dopo essersi prudenzialmente uniformati all’interpretazione ministeriale della nozione di holding, avessero successivamente proceduto ad effettuare istanza di rimborso (sempre che si fossero utilizzati criteri tra loro coerenti nei diversi periodi d’imposta).
Su questo punto, la posizione della Ctr Lombardia risulta essere restrittiva, dal momento che nella sentenza di cui trattasi viene sostenuto che nell’ambito dei “comportamenti” non possono ricomprendersi le istanze di rimborso. In base a tale interpretazione, nel caso esaminato, i “comportamenti” rilevanti per il legislatore sono quelli che nel 2010 hanno determinato il reddito complessivo ai fini delle imposte dirette e dell’Irap. Al contrario, secondo i giudici lombardi, non può essere tale l’istanza di rimborso presentata dopo 5 anni dalla determinazione del reddito complessivo.

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