Controlli e liti

Il contraddittorio integra i dati in Anagrafe tributaria

di Roberto Bianchi


I postulati costituzionali conducono a escludere la superflua reiterazione degli accertamenti limitando l’autorità, attribuita all’amministrazione finanziaria, sia per quanto attiene il procedere a plurimi accertamenti parziali consecutivi afferenti il medesimo periodo di imposta che per integrare, in una fase successiva, un accertamento che risulta ultimato; ciò anche in considerazione del fatto che, attualmente, l’agenzia delle Entrate è in grado di beneficiare di un cospicuo numero di informazioni compendiate, avvalendosi delle tecnologie informative a sua disposizione e delle norme che, nel corso di questi ultimi anni, hanno imposto l’invio all’Ufficio di un considerevole volume di dati.

Il principio del contraddittorio caratterizza ormai in modo generalizzato le procedure tributarie, in quanto consente l’ingresso fisiologico nei procedimenti fiscali delle ragioni del contribuente e, in questo modo, nell’ottica di una definizione consensuale della pretesa tributaria, si attribuisce a ciascun contribuente la possibilità di integrare, correggere o smentire l’attività dell’Ufficio.

Secondo la Corte di giustizia Ue (sentenze cause C/129/13 e C/130/13), il rispetto del contraddittorio nell’ambito del procedimento tributario costituisce, quale manifestazione del diritto alla difesa, un principio fondamentale dell’ordinamento europeo, che trova applicazione ogniqualvolta l’Amministrazione adotti, nei confronti di un determinato soggetto, un atto allo stesso avverso.

In tali circostanze, il destinatario del provvedimento deve, a pena di nullità, essere posto preventivamente nella condizione di poter rappresentare il proprio punto di vista, come espressamente sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, alla quale il nostro paese è tenuto a conformarsi in quanto aderente all’Unione.

La Corte costituzionale (ordinanza 187/2017) ha evidenziato che, per le attività di controllo e di accertamento che prevedono un’istruttoria presso il contribuente, l’obbligo di contraddittorio discende dalla legge 212/2000 mentre, per ciò che concerne gli accertamenti effettuati «a tavolino», opera la copertura della «Carta di Nizza».

Risulterebbero esclusi, tuttavia, i controlli «a tavolino» afferenti i tributi non armonizzati, ma tutto sarebbe in palese contrasto sia con la forza espansiva della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, sia con quanto la stessa Agenzia ha rappresentato con la circolare 16/E/2016, principi in seguito riaffermati dalla Corte Suprema attraverso l’ordinanza 6347/2018, nella quale è stato precisato che l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale non si estende anche agli avvisi di recupero finalizzati alla rilevazione dell’erronea utilizzazione di un credito Iva i quali, sebbene autonomamente impugnabili e «tenendo luogo» dell’accertamento, scaturiscono da un controllo automatizzato.

La vicenda del contraddittorio deve essere tuttavia declinata anche in relazione all’accertamento parziale e a quello integrativo, essendo il primo caratterizzato da una portata ridotta, circoscritta ma che dovrebbe poter contare su un adeguato impianto motivazionale, anche se scaturente da incroci di dati e da altre evidenze, mentre il secondo, pur sovrapponendosi a un periodo di imposta già accertato, rappresenta un accertamento differente e indipendente.

Trattandosi a pieno titolo di atti accertativi, è giocoforza pensare che anche agli stessi dovrebbe associarsi, pertanto, un contraddittorio ampio e integrale.

Per approfondire: Il contraddittorio nell’accertamento parziale e integrativo di Roberto Bianchi, in Norme & Tributi Mese giugno 2019

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