Controlli e liti

Pratiche comunali e autorizzazioni Asl provano l’operazione

di Alessandro Borgoglio

L’amministrazione finanziaria non può disconoscere i costi e recuperare l’Iva afferente a operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, se il contribuente indica per ogni singola commessa eseguita nell’anno il committente, l’oggetto dell’appalto, la data di inizio e fine lavori, i ricavi conseguiti e i costi sostenuti, con margine di commessa, esibendo le pratiche comunali, i piani di lavoro, le comunicazioni all’Asl e le autorizzazioni amministrative, unitamente alle relative fatture di acquisto e vendita. Lo ha stabilito la Ctp di Bergamo, con la sentenza 343/1/2019 (presidente Oldi, relatore Rustico).

Secondo l'ormai consolidato orientamento di legittimità, nel caso in cui l’ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ovvero che sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere e, quindi, contesti anche l’indebita detrazione dell’Iva e la deduzione dei costi, ha l’onere di provare che l’operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari. A quel punto passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, ma tale ultima prova non può consistere nell’esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cassazione 6865/2019, 26453/2018, 16437/2015; e per l’indetraibilità dell’Iva le cause C-459/17 e C-460/17). Peraltro, in ipotesi di operazioni oggettivamente inesistenti, la rilevanza della buona fede deve essere sempre esclusa (Cassazione 6920/2017).

In più occasioni, l’onere probatorio del Fisco è stato ritenuto assolto (soprattutto in materia di operazioni soggettivamente inesistenti) con la semplice dimostrazione dell’assenza di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata (Cassazione 23166/2017, 607/2018, 2398/2018).

Nel caso in esame appare, innanzitutto, più debole l’elemento presuntivo addotto dal Fisco per assolvere il suo onere probatorio, laddove ha ritenuto oggettivamente inesistenti le operazioni perché i fornitori non avevano lo stesso codice di attività della società committente, oppure perché taluni subappaltatori non avevano versato imposte e non si erano presentati, su invito dell’ufficio, a fornire documentazione, o ancora perché non avevano chiaramente indicato in fattura quale fosse il cantiere in cui i lavori erano stati eseguiti.

Per di più, a fronte di tali contestazioni indiziarie, la società contribuente accertata aveva esibito oltre all’ordinaria documentazione contabile e amministrativa interna, anche le pratiche comunali e Asl, nonché le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dei lavori, tutti documenti emessi da enti pubblici e che ben avrebbero potuto fornire indicazioni circa i puntuali lavori eseguiti, così da consentire all’ufficio di riscontrare le fatture e l’esistenza delle operazioni in oggetto.

Ctp Bergamo 343/1/2019

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