Controlli e liti

L’imposta unica è dovuta dal ricevitore italiano e dal bookmaker estero dal 2011

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di Angelo Conte


L’imposta unica sulle scommesse è sempre dovuta sia dal ricevitore italiano, sia dal bookmaker estero privo di concessione, per gli anni di imposta a partire dal 2011. Questo è il principio che emerge dalla sentenza della Ctr Lazio 3033/2019 che fa proprie le conclusioni della sentenza 27/2018 della Corte costituzionale.

La vicenda trae origine da tre avvisi di accertamento relativi all’imposta unica sulle scommesse per gli anni di imposta 2011, 2012 e 2013, emessi dall’agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di un ricevitore italiano collegato con un bookmaker estero non autorizzato. Dopo essere stata soccombente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, la società contribuente aveva proposto appello lamentando l’erroneità della sentenza di primo grado, per violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 del Dlgs 504/1998, così come interpretati dall’articolo 1, comma 66, della legge 220/2010.
La predetta norma interpretativa stabilisce, innanzitutto, che l’imposta unica sulle scommesse è comunque dovuta anche se la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avviene al di fuori del sistema concessorio. Per ciò che concerne i soggetti passivi, l’articolo 1, comma 66, lettera b, della legge 220/2010 dispone, poi, che risulta essere tale chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’Economia e delle finanze- Aams, gestisce per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere.

In effetti, la Corte costituzionale è stata recentemente chiamata a valutare la legittimità costituzionale della disposizione da ultimo citata, la cui ratio è evidentemente quella di includere tra i soggetti passivi anche i cosiddetti centri di trasmissione dati (Ctd o ricevitorie) che operano per conto di bookmaker esteri privi di concessione in Italia.

Ebbene, la Consulta, con la sentenza 27/2018 ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale della norma in questione nella parte in cui prevede che, anche per le annualità antecedenti al 2011, siano soggetti passivi le ricevitorie di cui trattasi. Nei confronti di queste ultime, infatti, secondo la Corte costituzionale, viene violato il principio di capacità contributiva contenuto nell’articolo 53 della Costituzione, dal momento che le stesse, per gli esercizi anteriori al 2011, sarebbero state impossibilitate a traslare l’imposta sui bookmaker.

Ciò alla luce del fatto che l’entità delle commissioni pattuite si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente all’entrata in vigore della legge 220/2010.

In definitiva, come evidenziato dalla Ctr Lazio nella sentenza 3033/2019, i giudici delle leggi confermano da una parte l’assoggettamento all’imposta unica sulle scommesse sia del ricevitore italiano sia del bookmaker estero privo di concessione per gli anni di imposta a partire dal 2011, mentre escludono, dall’altra, l’assoggettamento ad imposta del ricevitore italiano collegato con bookmaker estero non autorizzato per gli anni anteriori al 2011.

Facendo leva su tale principio, i giudici laziali finiscono per rigettare l’appello del contribuente, dal momento che gli atti impositivi concernevano, nel caso di specie, le annualità 2011, 2012 e 2013.

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