Controlli e liti

Direttiva Pif, punibilità estesa ai tentativi di reato tributario

di Antonio Iorio

Lo schema del decreto di recepimento della direttiva sulla tutela penale degli interessi finanziari Ue dovrebbe modificare nuovamente l’assetto dei reati tributari sui quali era intervenuto a fine anno il legislatore. Le nuove norme riguardano due profili:

1) abolizione parziale del delitto tentato per alcuni reati tributari;

2) estensione ad altri reati tributari della normativa sulla responsabilità degli enti (Dlgs 231/01).

L’articolo 6 del Dlgs 74/00 aveva a suo tempo previsto che i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture false e con altri artifici e di dichiarazione infedele non fossero mai puniti a titolo di tentativo. Ciò in coerenza con un principio direttivo contenuto nella delega del tempo che intendeva delimitare la rilevanza penale alla sola presentazione della dichiarazione senza estenderla (come avveniva in passato) ai fatti prodromici. Escludendo il tentativo, in altre parole, non poteva (e non può) essere perseguito colui che ha ricevuto - in corso d’anno o comunque a termini di dichiarazione ancora non scaduti - fatture false o omesso la fatturazione di ricavi.

Ora, secondo la bozza del decreto, salvo che il fatto integri l’emissione di false fatture, il tentativo si applica quando gli atti diretti per commettere i reati di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele siano compiuti anche in territorio estero ai fini di evadere l’Iva per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

Ne consegue, in altri termini, che se prima della presentazione della dichiarazione si omette la contabilizzazione di ricavi la cui Iva evasa non è inferiore a 10 milioni di euro scatta il delitto tentato di dichiarazione infedele e ancora, se vengono contabilizzate fatture false che comportano un’evasione Iva non inferiore ai citati dieci milioni, si avrà il delitto tentato di dichiarazione fraudolenta prima della presentazione della dichiarazione Iva.

Viene così anticipata la tutela penale ai fatti prodromici all’evasione ancorché per fattispecie particolarmente gravi. Dalla lettura della norma potrebbero sorgere poi dubbi se la commissione dell’illecito “anche in territorio estero” sia una condizione necessaria per far scattare i nuovi delitti tentati ovvero sia sufficiente la commissione della violazione soltanto in Italia. Poiché il decreto è emanato in attuazione della legge delega, che a sua volta rinvia alla direttiva la quale si riferisce a “sistemi fraudolenti transfrontalieri” vi è da ritenere che gli illeciti in questione debbano necessariamente riguardare anche uno Stato Ue oltre all’Italia. Sul punto una maggiore chiarezza del decreto sarebbe auspicabile onde evitare interpretazioni rigorose volte ad estendere le nuove norme anche ai reati commessi soltanto nel nostro Paese.

Il secondo intervento concerne l’ampliamento della responsabilità amministrativa degli enti a ulteriori reati tributari. Si ricorda che con il decreto 124/19, convertito nella legge 157/19, tale responsabilità era stata estesa ai delitti fiscali più gravi. Ora vengono inseriti anche la dichiarazione infedele Iva (sanzione fino a 300 quote), l’omessa dichiarazione Iva e l’indebita compensazione Iva, entrambe con sanzione fino a 400 quote (il valore della quota varia da 258 a 1.549 euro). Tali illeciti devono essere commessi anche nel territorio di altro Stato membro con un’evasione Iva non inferiore ai 10 milioni di euro.

Per approfondire

Legge di delegazione europea: aperta la strada all'estensione dei Modelli 231 a tutti i reati fiscali
di Benedetto Santacroce - tratto da Norme e tributi mese

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