Imposte

Smart working, l’imponibilità va esclusa se i beni sono strumentali

Calcoli proporzionali da compiere invece nel caso di uso promiscuo

di Serena Civardi e Alessio Vagnarelli

Dal punto vista fiscale i costi sostenuti per migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti che lavorano da casa dovranno trovare nei principi classici della tassazione del lavoro dipendente la loro “provvisoria” regolamentazione.

La categoria concettuale di più immediato richiamo da questo punto di vista sembrerebbe essere quella del prevalente interesse del datore di lavoro, che si accompagna a un regime fiscale di non imponibilità per i dipendenti.

Per quanto riguarda i precedenti in cui l’agenzia delle Entrate ha fatto ricorso a tale figura, si richiamano:

1 la circolare 23 dicembre 1997, n. 326 (paragrafo 2.1), relativamente alle polizze assicurative e in tema di rimborsi di spese anticipate dal dipendente;

2 la circolare 4 marzo 1999, n. 55 (paragrafo 2.2), sui contributi per assistenza sociale versati dal datore di lavoro;

3 la risoluzione 9 settembre 2003, n. 178/E, per la polizza assicurativa degli amministratori;

4 la risoluzione 7 dicembre 2007, n. 357/E, sul rimborso dei costi dei collegamenti telefonici accordato al personale in telelavoro;

5 la circolare 20 dicembre 2013, n. 37/E sul regime fiscale di alcuni benefits riconosciuti agli sportivi;

6 la risoluzione 12 agosto 2019, n. 77/E per i costi per il servizio di monitoraggio di dati sensibili offerto ai dipendenti.

Nei documenti di prassi citati, in buona sostanza, si è affermato il principio secondo cui non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore e le erogazioni effettuate per un esclusivo o prevalente interesse del datore di lavoro.

In questo contesto, affinché i beni assegnati (indipendentemente dalla modalità di acquisto, compresi i voucher) possano ricevere il trattamento fiscale di esclusione, sarà comunque necessario che gli stessi siano simmetricamente considerati tra i beni strumentali dell’impresa e formalmente messi a disposizione dei singoli lavoratori.

Diversamente, per determinare il valore tassabile di un bene a utilizzo promiscuo, è consentito valorizzare la sola componente del benefit riconducibile all’utilizzo privato, partendo dalla determinazione del valore normale ex articolo 9 del Testo unico delle imposte sui redditi (sul punto, si veda da ultimo Risoluzione n. 46/E del 2020).

In assenza di un criterio legale (fermo restando quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, del Tuir per i benefit di valore inferiore a 258,23 euro), si dovrebbe ipotizzare il ricorso a calcoli proporzionali (ad esempio, giornate lavorative/giorni della settimana) nel tentativo di isolare la parte reddituale del benefit qualora, per la tipologia del bene assegnato, sia ipotizzabile anche un uso personale autonomamente quantificabile.

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