Imposte

Fondi pensione esteri, ritenuta ridotta sui dividendi di fonte italiana

L’ordinanza 1967/2020 della Cassazione apre all’applicazione della disciplina più favorevole

di Francesco Capitta e Riccardo Michelutti

Sui dividendi distribuiti da società italiane ad una società di gestione di fondi pensione di diritto spagnolo, soggetti alle imposte sui redditi in Spagna con aliquota dello 0%, si applica la ritenuta con aliquota pari a quella subita dalle società residenti sui dividendi (1,65% al tempo dei fatti) e non già la ritenuta del 27% (ora 26%) o la minore aliquota convenzionale, anche per gli utili formatisi in esercizi anteriori al 2008, anno a partire dal quale è stata modificata la disciplina delle ritenute sui dividendi a società estere, come previsto dall’articolo 27, comma 3-ter, Dpr 600/1973. Questo è il principio di diritto statuito dalla Corte di cassazione con l’ordinanza 1967 del 29 gennaio 2020.

Il caso esaminato dai giudici di legittimità trae origine da un’istanza di rimborso, presentata da una società di gestione di fondi pensione spagnoli, della ritenuta con aliquota del 15% (ai sensi dell’art. 10 della Convenzione tra Italia e Spagna contro le doppie imposizioni) applicata sui dividendi ad essi distribuiti da società italiane nel corso del 2006. I fondi erano soggetti all’imposta spagnola sul reddito delle società, ancorché con aliquota 0%, sicché non erano in grado di recuperare le ritenute subite.

La Cassazione ha ritenuto applicabile al caso di specie la sentenza della Corte di Giustizia Ue del 19 novembre 2009, causa C-540/2007, secondo cui l’Italia aveva violato l’articolo 56 (ora 63) del Trattato sul funzionamento della Ue, avendo mantenuto un regime fiscale più oneroso per i dividendi distribuiti a società residenti in altri paesi Ue o See rispetto a quello applicato alle società residenti. Al fine di dare piena applicazione all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, secondo la Cassazione la ritenuta del 27% di cui all’articolo 27, comma 3, del Dpr 600/1973 non doveva rendersi applicabile anche per i dividendi formatisi prima del 1° gennaio 2008, dovendosi invece applicare, al pari dei dividendi distribuiti alle società residenti, il regime ordinario che prevede l’assoggettamento all’aliquota Ires vigente pro-tempore del solo 5% dell’imponibile.

Invero, la legge Finanziaria 2008 ha modificato la disciplina delle ritenute sui dividendi in uscita per uniformare il trattamento fiscale delle società residenti in paesi Ue o See a quello delle società residenti. In virtù del comma 3-bis del Dpr 600/1973, ai dividendi distribuiti a società residenti in paesi Ue, al di fuori della direttiva madre-figlia, si applica una ritenuta con aliquota pari alla tassazione sostanziale subita dalle società residenti (oggi pari all’1,2%, vale a dire il 5% dell’attuale aliquota Ires del 24%) in luogo dell’aliquota piena (oggi al 26%). Per espressa previsione normativa, tale regime era applicabile solo agli utili formatisi nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2007. Tuttavia, a seguito della richiamata sentenza della Corte di Giustizia Ue, la stessa agenzia delle Entrate (circolare 32/E del 2011), ha chiarito che l’aliquota ridotta è applicabile anche per utili formatisi in periodi anteriori al 2008. Pertanto, sotto questo profilo la sentenza della Cassazione conferma un indirizzo già consolidato nella prassi.

Più rilevante è il fatto che, nel caso di specie, la Cassazione abbia ritenuto applicabile la più favorevole disciplina delle ritenute sui dividendi distribuiti alle società non residenti invece di considerare quella relativa ai fondi pensione non residenti che, stando alla descrizione dei fatti, appare più conferente al caso di specie, così come ritenuto nella precedente giurisprudenza della stessa Cassazione (18926/2018). L’aliquota della ritenuta sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti in paesi Ue o See è stata ridotta all’11% con l’articolo 24, comma 1, della legge 88/2009, a seguito dell’avvio di una procedura di infrazione Ue, unificando la tassazione dei fondi pensione degli Stati sopracitati a quella applicata in capo ai fondi di diritto italiano (oggi soggetti ad una imposta sostitutiva del 20%, senza che l’aliquota dell’11% per i fondi pensione Ue o See sia stata peraltro modificata).

Invero, seppur sollecitata sul punto dall’agenzia delle Entrate in veste di ricorrente, la Cassazione non ha considerato la giurisprudenza più recente della Corte di Giustizia Ue in materia di ritenute sui dividendi corrisposti a fondi pensione esteri la quale, oltre a confermare l’applicabilità del principio della libera circolazione dei capitali anche ai fondi pensione extra Ue, ha sancito l’incompatibilità delle norme interne che riservino un trattamento fiscale più oneroso a dividendi distribuiti ai fondi pensione esteri (sentenza 13 novembre 2019, causa C-614/17, British Columbia, che fa seguito alle sentenze dell’8 novembre 2012, Commissione/Finlandia, C-342/10, e del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek, C-252/14), esprimendo un orientamento coerente con quello sviluppatosi in materia di fondi comuni di investimento non residenti (decisione del 10 aprile 2014, Dfa Investment Trust, C-190/12 e giurisprudenza ivi citata).

Un aspetto fondamentale da verificare ai fini della comparazione tra soggetti residenti e non residenti è la sostanziale omogeneità delle caratteristiche essenziali degli organismi di investimento. Seguendo questa linea di ragionamento, l’aliquota della ritenuta sui dividendi corrisposti ai fondi pensione spagnoli avrebbe dovuta essere ridotta in linea con la tassazione sostitutiva dell’11% applicabile in capo ai fondi pensione domestici al tempo dei fatti di causa (ex articolo 14 del Dlgs 124/1993), invece di avere come riferimento il regime fiscale delle società. Ai fini del giudizio di comparabilità, utili indicazioni sono state fornite dall’agenzia delle Entrate ai fini del regime di esenzione da ritenuta in capo ai fondi pensione esteri dei proventi distribuiti da fondi immobiliari italiani (circolari 11/E del 2011 e 2/E del 2012, nonché risoluzione 54/E del 2013), secondo cui i fondi pensione sono quei soggetti di diritto estero che, secondo la normativa vigente nello Stato in cui sono istituiti, presentano i requisiti sostanziali nonché le stesse finalità di investimento dei fondi pensione italiani, a prescindere dalla loro forma giuridica e dalla sussistenza o meno di una autonoma soggettività tributaria. Inoltre, la nota di lettura 33/2019 del Senato, a commento dell’articolo 24, comma 1, della legge 88/2009 che ha introdotto la ritenuta dell’11% per i fondi pensione Ue e See, precisa che la disciplina è rivolta esclusivamente ai fondi pensione che siano (o il cui ente gestore sia) sottoposti a vigilanza da parte delle competenti autorità regolamentari, mutuando un requisito richiesto per gli Oicr esteri.

Occorre infine evidenziare, avendo riguardo alle caratteristiche essenziali del soggetto non residente, che nel giudizio di comparazione all’omologo soggetto residente deve prendersi altresì in considerazione la peculiarità del sistema normativo italiano costituita dagli enti previdenziali, che sono enti non commerciali soggetti ad un trattamento fiscale sui dividendi (fino al 2013, esclusi dall’Ires per il 95%; nel periodo 2014-2016, esclusi dall’Ires per il 22,26%; dal 2017, interamente imponibili) diverso da quello dei fondi pensione. A seconda dei casi, dovrà dunque valutarsi se il fondo pensione non residente sia assimilabile ad un fondo pensione di diritto italiano ovvero ad un ente previdenziale.

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