Controlli e liti

Elusivo il conferimento con avviamento negativo seguito dall’utilizzo di un accantonamento in neutralità

La sentenza 3078/2021 della Cassazione: la conferitaria non avrebbe potuto beneficiare delle variazioni fiscali qualora avesse fatto ricorso «al trasferimento del ramo d’azienda»

Risulta elusivo il conferimento d’azienda con un avviamento negativo, che permette alla società conferitaria l’utilizzo di un accantonamento in neutralità fiscale. È quanto stabilito – davvero sorprendentemente, considerato che non è stato minimamente considerato il principio del legittimo risparmio d’imposta - dalla Cassazione nella sentenza 3078/2021 del 9 febbraio, con riferimento alla formulazione della clausola antielusiva di cui all’articolo 37-bis del Dpr 600/1973.

Il caso esaminato dai giudici di legittimità riguarda una società (Alfa) che aveva deliberato un aumento di capitale, operato tramite distinti conferimenti di azienda. In particolare, uno dei conferimenti in Alfa dava luogo ad una minusvalenza, determinata dalla differenza fra i valori di bilancio del ramo aziendale conferito e l’aumento della partecipazione detenuta dalla società conferente. A livello contabile, la rilevazione dell’avviamento negativo avveniva, in parte, tramite l’iscrizione di un «fondo oneri di ristrutturazione e badwill», che risultava in neutralità fiscale in base a quanto previsto dall’articolo 4 del Dlgs 358/1997. Fondo, quest’ultimo, che veniva imputato ad Alfa in sede di conferimento, la quale lo utilizzava l’anno successivo, portandolo in deduzione dal proprio reddito.

Ravvisando in tale condotta carattere elusivo ex articolo 37-bis del Dpr 600/1973, l’agenzia delle Entrate emetteva l’avviso di accertamento con cui recuperava maggiore materia imponibile per l’anno d’imposta in cui erano stati dedotti gli importi afferenti ai fondi citati. Tale avviso di accertamento veniva impugnato da parte di Alfa, la quale risultava vittoriosa in primo grado ma soccombente in appello, così che veniva presentato ricorso in Cassazione. In questa sede la conferitaria lamentava che i giudici di Ctr avevano erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti dell’allora vigente norma antielusiva all’articolo 37-bis del Dpr 600/1973.

Tuttavia, i giudici di legittimità hanno rigettato le doglianze della società ricorrente (pur prendendo in considerazione l’attuale norma sull’abuso del diritto). La Cassazione, in sostanza, ha aderito alla ricostruzione che aveva ravvisato l’intento elusivo dell’operazione contabile relativa ai citati fondi in neutralità fiscale ex articolo 4 del Dlgs 358/1997. Fondi che, a parere dei giudici, venivano utilizzati abusivamente da parte della società Alfa, la quale ne aveva fruito in dichiarazione dei redditi tramite variazione in diminuzione. In particolare, secondo la Corte, la conferitaria non avrebbe potuto beneficiare di tali variazioni fiscali qualora, invece del conferimento, si fosse ricorso «al trasferimento del ramo d’azienda».

Ecco che qui emerge, in tutta la sua evidenza, l’errore in cui incorre la Cassazione, la quale non ha minimamente considerato il principio del legittimo risparmio d’imposta. Principio che risultava riportato, già al tempo, nella relazione illustrativa dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, e ora affermato, per fortuna, nella norma dell’abuso del diritto (comma 4 dell’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente). La condotta delle società coinvolte nell’operazione di conferimento non può, infatti, determinare un «vantaggio fiscale indebito». Ciò in quanto è stato posto in essere ciò che l’ordinamento prevedeva. Si tratta, in sostanza, di un legittimo risparmio d’imposta.

Occorre considerare che, in base a quanto previsto dall’articolo 10-bis, comma 4, dello Statuto, il contribuente può liberamente scegliere tra le diverse possibilità offerte dalla legge per raggiungere un determinato risultato, realizzando in questo modo il «legittimo risparmio fiscale». Legittimo risparmio che ha senza dubbio avuto luogo nella fattispecie della sentenza in esame.

Ancora una volta non si comprende che né il Fisco né i giudici possono sostituire forme giuridiche legittime – peraltro in questo caso incentivate dall’ordinamento – con altre, altrettanto legittime, ma più onerose fiscalmente. Nell’elusione/abuso del diritto pare si stia ritornando indietro di venti/trent’anni, all’epoca “buia” dei mostri elusivi creati dal Secit.

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