Controlli e liti

La Guardia di Finanza: prelievo aggiuntivo per i capitali in paradisi fiscali

Il comandante Zafarana in audizione alla Camera: «Rendere più onerosa la detenzione di ricchezze presso Stati o territori a rischio. Concentrare il cashback dove c’è maggiore possibilità di evasione»

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Tra i compiti della riforma fiscale ci deve essere anche quello di aggredire le enormi ricchezze che nonostante le voluntary del passato sono ancora nascoste all’estero, e in particolare nei paradisi fiscali. A porre la sfida, ambiziosa, è il comandante generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana, audito lunedì 1° marzo dalle commissioni Finanze di Camera e Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla riforma Irpef.

L’idea di Zafarana è quella di prevedere un «prelievo aggiuntivo sulle disponibilità finanziarie» che i contribuenti italiani trattengono nelle «giurisdizioni non collaborative» elencate nelle black list. L’obiettivo sarebbe quello di «rendere più onerosa la detenzione di ricchezze presso Stati o territori a rischio fiscale o finanziario», attraverso «una sorta di costo incrementale per i servizi off shore».

L’ostacolo è evidente. Perché è proprio l’assenza dei dati, o meglio la gelosia con cui vengono custoditi senza aprire agli scambi di informazioni, a rendere attrative le mete più o meno esotiche presenti nella lista nera. Parzialmente diverso è lo scenario offerto dalla «lista grigia», dall’Australia alla Turchia senza trascurare le Maldive e alcune isole caraibiche, dove si registrano aperture sullo scambio di informazioni. Scambio da «valorizzare, ove disponibile», sottolinea il comandante delle Fiamme Gialle.

La sua analisi davanti a deputati e senatori si concentra però anche su temi più domestici, e più facilmente gestibili. È il caso dei correttivi al cashback, che secondo Zafarana andrebbe «concentrato sulle categorie a maggior rischio evasione fiscale rispetto alle altre». Sarebbe un modo anche per ridurre il peso del meccanismo sui conti pubblici, che nel sistema attuale devono sopportare spese extra anche per “premiare” acquisti come quelli presso la grande distribuzione, le utenze o i trasporti che sono già perfettamente tracciabili e estranei al perimetro dell’evasione.

Da valorizzare ci sono poi le leve già introdotte con un certo successo dal fisco negli ultimi anni. È il caso della fatturazione elettronica che nel 2019, ha ricordato il comandante delle Fiamme Gialle, ha garantito 3 miliardi di recupero dall’evasione. E si potrebbe fare di più utilizzando al meglio gli strumenti che il legislatore ha già adottato ma sono ancora incagliati nell’attuazione. É il caso dell’ennesima proroga, giunta domenica sera, della procedura che consente di memorizzare i file Xml delle fatture elettroniche fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione per l'esecuzione dei controlli. Con questo strumento, ricorda Zafarana, «gli organi di controllo avrebbero accesso non solo ai cosiddetti “dati fattura”, ma anche alle informazioni sulla natura, la quantità e la qualità del bene ceduto o della prestazione resa».

Un pezzo di erosione dell’Irpef arriva poi dalle spese fiscali, che alleggeriscono l’imposta di 39,3 miliardi. Un loro riordino, semplificando il sistema, aiuterebbe i controlli. Sullo stesso tema è intervenuto, sempre alle commissioni riunite, anche il presidente del Cnel Tiziano Treu. Un fisco equo, secondo Treu, passa per la «chiarezza e la semplicità nell’applicazione delle norme». Per Vieri Ceriani, consulente del Cnel, la riforma dovrà definire una volta per tutte la tassazione del lavoro autonomo e d’impresa, per la quale si potrebbe anche recuperare una delle sue creature come l’Imposta sul reddito imprenditoriale (Iri), rivedere l’imposta di successione, così la tassazione sulla casa con una vera riforma del Catasto e l’introduzione di un’imposta negativa.

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