Finanza

Transfer pricing, debiti riqualificati in equity: i rischi legati al report Ocse

Il nuovo documento sarà inserito nelle Linee guida del 2017, ma lascia molti dubbi a contribuenti e imprese

ADOBESTOCK

di Massimo Bellini

Con il report «Ttransfer pricing guidance on financial transations» pubblicato l’11 febbraio, l’Ocse ha completato il lavoro sui prezzi di trasferimento relativi alle operazioni finanziarie, che sarà inserito in un nuovo capitolo delle Linee guida del 2017 (capitolo 10). Tra i temi di particolare interesse, c’è quello della possibile riqualificazione del debito in capitale derivante dall’accurata delineazione delle operazioni finanziarie intra-gruppo («accurate delineation»). Secondo l’Ocse infatti il principio di libera concorrenza, previsto all’articolo 9 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni, non riguarda solamente il valore di mercato del tasso di interesse ma anche il livello di indebitamento.

Qualora da un punto di vista sostanziale l’operazione di finanziamento vista nel complesso risulti diversa da quella che sarebbe stata pattuita tra parti indipendenti, le amministrazioni finanziarie potrebbero riqualificare in tutto o in parte il debito in capitale. Gli interessi andrebbero rapportati al debito effettivo pertanto potrebbero essere indeducibili in tutto o in parte. Alcuni esempi di indicatori utili per la delineazione della transazione sono la capacità del debitore di ripagare il debito e di ottenere finanziamenti da parti terze, l’obbligo di pagare interessi, eccetera.

Il nodo applicazione
Una prima osservazione riguarda il fatto che, nonostante la rilevanza del tema le indicazioni dell’Ocse sono generiche. Sarebbe stato opportuno fornire maggiori dettagli tecnici sulla concreta applicazione anche andando oltre la semplice distinzione tra equity ed indebitamento alla luce delle numerose possibilità e strumenti con cui le imprese possono decidere di capitalizzarsi ed indebitarsi. Il documento lascia inoltre alle amministrazioni dei vari Paesi la possibilità di adottare misure alternative per l’analisi del rapporto tra debito e capitale. Anche questa disposizione, che sembra sia dovuta ad una sostanziale mancanza di consenso all’interno dell’organizzazione, desta alcune perplessità. Non viene discusso come i nuovi principi Ocse potrebbero interagire con eventuali disposizioni domestiche. Per cui questo approccio di compromesso potrebbe aumentare ulteriormente i problemi di doppia imposizione.

In sintesi il documento solleva il problema della determinazione del rapporto tra debito e capitale, ma non sembra fornire sufficienti indicazioni ai contribuenti il che potrebbe generare situazioni di incertezza e di rischio per le imprese.
Sembra pertanto opportuno che l’agenzia delle Entrate fornisca ulteriori indicazioni in base all’articolo 9 del Dm del 14 maggio 2018, che prevede la possibilità di emanare disposizioni applicative delle Linee guida Ocse, come periodicamente aggiornate. L’amministrazione si era già espressa sull’argomento in relazione alle operazioni di acquisizione con indebitamento. La circolare 6/E del 30 marzo 2016 ha previsto che al ricorrere di «particolari ed eccezionali» circostanze, da valutare sulla base di indici «fattuali ed obiettivi» le operazioni di finanziamento possono essere riqualificate in apporti di capitale. Ciò determinerebbe l’indeducibilità degli interessi e l’applicazione delle disposizioni sui dividendi in uscita agli interessi riqualificati oltre che la rideterminazione dell’agevolazione Ace.

Il mondo bancario
Ulteriori considerazioni possono essere fatte per le banche e gli istituti finanziari. Il documento Ocse infatti, a differenza del precedente draft, prevede che nella delineazione delle transazioni finanziarie si debba tenere conto di eventuali vincoli e/o disposizioni regolatorie (es. accordi di Basilea).
Pur non essendo prevista una specifica esenzione il riconoscimento esplicito da parte dell’Ocse delle peculiarità proprie del settore finanziario e la necessità di tenere in considerazione le normative regolamentari che informano l’operatività dei soggetti finanziari, prime fra tutte le banche, rappresentano una importante presa di coscienza che ragionevolmente dovrebbe essere recepita e fatta propria anche dalle autorità fiscali.

SCHEDA

Il rapporto debito/capitale: gli indicatori
Secondo il nuovo capitolo sulle transazioni finanziarie delle Linee Guida Ocse
Gli indicatori utili ai fini del corretto inquadramento di un’operazione di finanziamento intercompany e di un’eventuale riqualifica della stessa in capitale potrebbero essere, a seconda degli specifici fatti e circostanze, i seguenti:
l’obbligo di pagare interessi;
la presenza di scadenze prefissate per il rimborso del capitale e per il pagamento degli interessi;
lo status del finanziatore, rapportato agli altri creditori aziendali;
l’esistenza di clausole contrattuali a tutela del creditore (covenants) e altre forme di garanzia;
la fonte del pagamento degli interessi;
la capacità del debitore di ottenere il prestito da enti finanziatori indipendenti;
le modalità di impiego dei fondi presi a prestito;
il mancato pagamento da parte del debitore a scadenza;
o la richiesta di riscadenziare i debiti.

Secondo la circolare dell’agenzia delle Entrate 6/E del 30 marzo 2016
Nell’ambito delle operazioni di acquisizione con indebitamento un finanziamento intercompany da parte del socio può essere parificato ad un apporto di capitale qualora il contratto preveda ad esempio che:
il rimborso del capitale ed il pagamento degli interessi sia rinviato a data successiva al rimborso integrale del capitale ed al pagamento integrale degli interessi dovuti ai terzi finanziatori;
gli indici finanziari definiti nei financial covenants, che definiscono le condizioni di default, non comprendano nella definizione di debito ed in quella di interessi il debito per finanziamento soci e gli interessi per finanziamento soci;
il pagamento degli interessi ed i rimborsi di capitale siano sottoposti alle medesime restrizioni cui sono sottoposti i dividendi e le riduzioni del capitale e delle riserve di capitale.

Del resto la normativa Italiana prevede nel già provvedimento 49121/16 per le stabili organizzazioni di istituti finanziari che il fondo di dotazione possa essere determinato sulla base delle disposizioni di vigilanza come per una banca indipendente.

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