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Con l’accertamento a due velocità nessun vantaggio per il contribuente

Meglio lasciare invariato l’obbligo di emettere e notificare gli atti entro fine 2020 e sospendere l’esecutività

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di Maurizio Leo

Da una prima lettura del decreto rilancio emerge una norma abbastanza “curiosa”, che introduce nel nostro ordinamento una figura nuova: l’accertamento “a due velocità”. Mi spiego meglio. Gli avvisi di accertamento, di recupero dei crediti d’imposta, di rettifica e liquidazione, in scadenza il prossimo 31 dicembre, dovranno essere emessi entro tale data ma notificati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021.

Quindi l’agenzia delle Entrate non fruisce di un maggior termine per fare la sua attività di accertamento (e sgombera, giustamente, il campo dalle critiche sulla sua convenienza a fruire di un maggior termine di decadenza), ma procede alla notifica dei relativi atti un poco più avanti, quando la situazione sarà politicamente più tranquilla e, si spera, la rabbia post Coronavirus “sbollita”.

In ogni caso, non sembra che si configuri alcun reale vantaggio per i contribuenti che non vedono minimamente tutelate le proprie aspettative: in primis, quella alla corretta ricostruzione della pretesa tributaria. I mesi o i giorni serviranno a poco. Solo a guadagnare tempo. Ma tempo per cosa? Nulla. Certo è che tale disposizione non avrà alcun impatto sulla compliance e, anzi, rischia di generare nuovo contenzioso. Magari anche sulla modalità di formazione di questi atti “a doppia velocità”. Il contribuente come fa a essere certo che il termine del 31 dicembre 2020 è stato rispettato? La non conoscibilità di tale circostanza (l’emissione dell’atto) che valore ha sul piano processuale e della legittimità?

Forse i contribuenti non si deprimeranno quest’anno perché non sapranno di essere destinatari di un atto di accertamento, ma lo faranno l’anno prossimo, quando verrà recapitato. Magari insieme a tanti altri oneri tributari.

Probabilmente, in questo momento così complesso e così particolare della storia recente, dovrebbe aversi un approccio più realistico, innanzitutto dal decisore politico. Le finalità della norma sono chiare e, per certi versi, apprezzabili. Ma forse la strada da seguire può essere diversa. Si potrebbe introdurre una disposizione che lasci invariato l’obbligo di emettere e notificare gli atti entro il 31 dicembre 2020, ma che, allo stesso tempo, ne sospenda gli effetti esecutivi per tutto il 2021.

Ma, in questa stessa prospettiva sarebbe forse meglio pensare al 2021 come a una finestra temporale veramente utile perché i contribuenti facciano valere le proprie ragioni e tentino strade deflattive del contenzioso. Perché non immaginare un progetto ampio di compliance fiscale che consenta di definire le pendenze tributarie attuali e potenziali, comprese quelle relative agli atti emessi entro il 31 dicembre di quest’anno? Utilizziamo gli strumenti già a disposizione: acquiescenza, accertamento con adesione e conciliazione. Magari potenziamoli per l’occasione. Ampliamo le rateizzazioni (ad esempio, raddoppiandole) e creiamo ad hoc un regime di penalty protection (ad esempio, zero sanzioni) che scada alla fine del prossimo anno. Nessun automatismo, solo l’esatta ricostruzione della pretesa tributaria, d’intesa con l’amministrazione finanziaria.

Sarebbe, probabilmente, un modo più lungimirante di affrontare la crisi, recuperando risorse da destinare a chi la crisi la sta vivendo e la vivrà sulla propria pelle.