Imposte

I guadagni da criptovalute rivalutabili al 14 per cento. Assegnazione agevolata dei beni ai soci

Definite regole e confini sul prelievo fiscale relativo alle valute virtuali. Da tutte le rivalutazioni che saranno inserite il Governo punta a un incasso per circa un miliardo

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Una bussola per la tassazione delle criptovalute che potranno essere rivalutate con l’imposta sostitutiva al 14 per cento. La manovra contiene l’attesa regolamentazione del prelievo, che finora era stata affidata a risposte a interpello delle Entrate con una sostanziale equiparazione alle valute estere. Per i “guadagni” da criptovalute si imbocca la strada della tassazione come redditi diversi di natura finanziaria.

Mentre per le imprese, che hanno in “pancia” monete virtuiali, il punto di riferimento sarà rappresentato dalla disciplina fiscale dei contratti derivati (articolo 112 del Testo unico delle imposte sui redditi). Così per il calcolo dell’imponibile si considereranno tanto i componenti positivi che quelli negativi.

Per quest’ultima voce c’è già una specifica delimitazione, perché i componenti negativi non possono essere superiori alla differenza tra il valore del contratto o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell’esercizio precedente e il corrispondente valore alla data di chiusura dell’esercizio. In ogni caso, anche per far fronte alle oscillazioni e alle inaspettate perdite di valore, sarà offerta la possibilità di optare per una rivalutazione onerosa: si potrà procedere, infatti, versando un’imposta sostitutiva del 14 per cento.

Ma non è l’unica novità sul fronte del fisco per le imprese in manovra. Oltre a un ulteriore rinvio anche per il 2023 di plastic e sugar tax, torna l’assegnazione agevolata dei beni ai soci e riapre i battenti la rivalutazione di partecipazioni e terreni. Una doppia mossa nel segno delle flat tax, intese come imposte sostitutive che si applicheranno per le due previste dal Governo. Rivalutazioni su cui l’Esecutivo dimostra di credere, tanto da stimare tutte le operazioni previste circa un miliardo.

L’assegnazione agevolata dei beni ai soci mutua lo schema che era stato seguito, da ultimo in ordine di tempo, nella legge di Bilancio 2016 e i cui termini di adesione erano stati poi prorogati fino al 30 settembre 2017. In pratica, l’obiettivo è di rimettere nel circuito del mercato beni immobili e beni mobili registrati che attualmente restano “fermi” nel patrimonio della società. Per farlo la società potrà versare un’imposta sostitutiva dell’8% (o del 10,5% se rientra nelle penalizzazioni del regime delle società di comodo) sulla plusvalenza da assegnazione, evitando così la tassazione ordinaria delle imposte sui redditi e dell’Irap. Mentre l’imposta sostitutiva sulle riserve in sospensione d’imposta annullate a seguito dell’assegnazione è del 13 per cento. Con un vantaggio che si estende anche al campo delle indirette, in quanto aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.

Attenzione, però, perché sfuggono dal perimetro dell’agevolazione tanto i beni immobili quanto i beni mobili registrati utilizzati esclusivamente per l’attività strumentale dell’impresa. Inoltre, nel calcolo della plusvalenza la società può utilizzare il valore catastale del bene immobile da confrontare con il suo costo fiscalmente riconosciuto, invece del valore normale.

Anche dal punto di vista del socio c’è un vantaggio sotto il profilo tributario: i valori su cui la società applica l’imposta sostitutiva, infatti, sono fiscalmente irrilevanti nella distribuzione di riserve di utili e di capitale.

Va ricordato, poi, come in occasione dell’ultima edizione, l’agenzia delle Entrate avesse chiarito che il regime agevolato di assegnazione si poteva applicare alle società in contabilità semplificata anche se, in sede contabile, non annullano le riserve di bilancio.

Altra misura in arrivo è la riapertura della rivalutazione di partecipazioni e terreni. La finestra per aderire a quella sui beni detenuti al 1° gennaio 2022 si è chiusa la scorsa settimana. Il 15 novembre è stato l’ultimo giorno per asseverare la perizia e versare la prima (o unica) rata dell’imposta sostitutiva al 14 per cento. Nell’ambito della manovra si punta a riproporre la misura per partecipazioni e terreni detenuti al 1° gennaio 2023. Un’occasione che, tutte le volte in cui è stata riproposta, è stata sempre accolta con favore dagli operatori, nonostante il progressivo aumento nel tempo dell’imposta sostitutiva.

Sul fronte della fiscalità internazionale (ma con vista sulla possibile patrimonializzazione interna) poi anche la possibilità di far emergere gli utili prodotti da partecipazioni all’estero e attualmente immobilizzati in riserve. L’idea destinata a concretizzarsi in manovra è quella di un’aliquota del 9% per chi affranca gli utili lasciandoli accantonati oltre confine, mentre per chi punta a farli rientrare in Italia l’aliquota dell’imposta sostitutiva si ferma al 6 per cento. Per chi riporta in Italia gli utili maturati all’estero ci sarà anche l’ulteriore agevolazione dell’Aiuto alla crescita economica (Ace).

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