Controlli e liti

Non è di comodo la start up che attende il finanziamento

Cgt della Calabria: valori minimi impossibili senza l’ok amministrativo all’avvio della produzione

Va disapplicata la disciplina in tema di società di comodo se l’ammontare minimo di ricavi imposto dalla norma non è stato conseguito in ragione dei ritardi nell’erogazione di un finanziamento e nel rilascio delle autorizzazioni amministrative. È questo il principio espresso nella sentenza n. 3876/3/2022, della Cgt della Calabria (presidente e relatore Lorelli).

La vicenda prende le mosse dalla richiesta di restituzione dell’eccedenza di Iva a credito dell’anno 2015, avanzata da una società. L’ufficio, che aveva proceduto ad eseguire il rimborso, in un secondo momento notificava un avviso di accertamento volto al recupero delle somme erogate, contestando la non operatività della società, ex articolo 30 della legge 724/94.

Nell’avviso, l’Agenzia rilevava, fra l’altro, che la contribuente, pur non avendone i requisiti, si era qualificata nella dichiarazione dei redditi come start up innovativa, ai fini dell’esclusione dall’applicazione della disciplina sulle società di comodo. La società impugnava l’atto sostenendo che il ritardo nell’erogazione di un finanziamento e nel rilascio delle autorizzazioni amministrative costituissero la prova dell’oggettiva impossibilità di conseguire il ricavo minimo presunto, necessaria per disapplicare la disciplina sulle società non operative. La Corte respingeva ogni doglianza della contribuente. Contro tale pronuncia proponeva appello la società.

La Cgt di secondo grado ha ribaltato il verdetto di primo grado. I giudici hanno rilevato, in via preliminare, che la presunta errata compilazione della dichiarazione dei redditi, in punto di qualificazione dell’impresa come start up innovativa, era ininfluente ai fini della decisione, posto che la pretesa tributaria non era riferibile alla non veridicità della dichiarazione, bensì solo alla inesistenza dei presupposti del già ottenuto rimborso.

Quanto al superamento della presunzione di non operatività, il collegio ha ritenuto che l’impossibilità di conseguire i valori minimi era stata dimostrata dal fatto che la società, pur essendo stata costituita nel 2012, aveva realizzato parte degli investimenti negli anni 2013/2014, completandoli nel corso del 2015, anno in cui è risultata beneficiaria di un importante contributo e nel quale risultava aver ottenuto le autorizzazioni amministrative per l’avvio della produzione.

Circostanze non smentite dall’ufficio. La decisione risulta condivisibile. È auspicabile che si consolidi un’interpretazione della normativa sulle società non operative volta a colpire solo il caso limite degli enti costituiti al mero scopo di attribuire il godimento di beni ai soci. Escludendo, così, dal perimetro di applicazione della disciplina, tutte quelle fattispecie in cui sia offerta la prova dello svolgimento di un’effettiva attività economica o una giustificazione delle cause di impossibilità a svolgerla.

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