I temi di NT+Modulo 24

Realizzo controllato, le quote di minoranza guardano al valore del capitale investito

Per la corretta definizione di holding nel regime controllato non si deve far riferimento ai valori contabili, ma a quelli correnti delle partecipazioni e del patrimonio della società scambiata

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di Leo De Rosa e Alberto Russo

Con la risposta a interpello 5 del 2023 (la «risposta 5/2023»), l’agenzia delle Entrate ha fornito conferme e chiarimenti sul conferimento di partecipazioni di minoranza «qualificata» in regime fiscale di realizzo controllato ex articolo 177, comma 2-bis del Tuir (si veda anche il precedente articolo «Riassetti a realizzo controllato, il nodo dei valori correnti»).

In particolare, l’Agenzia è intervenuta su aspetto cruciale per la concreta applicazione del regime: la nozione di holding. Infatti, quando la società scambiata (ossia la società le cui partecipazioni sono oggetto di conferimento) sia qualificabile come holding, sono previste specifiche condizioni per l'applicazione del regime. Nello specifico, le percentuali minime richieste dall’articolo 177, comma 2-bis (diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiori al 20% - partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25%, con percentuali rispettivamente ridotte al 2%-5% in caso di società quotate) devono essere verificate per tutte le società indirettamente partecipate che esercitano attività commerciale, tenendo conto dell’effetto demoltiplicativo.

L’Agenzia, in primo luogo, ribadisce la posizione, già espressa nella risposta a interpello n. 869/2021, secondo cui occorre far riferimento ai valori correnti delle partecipazioni e non ai valori contabili; inoltre, ha chiarito le modalità di determinazione del rapporto tra valore corrente delle partecipazioni e valore del patrimonio.

Nella risposta 869/2021, l’Agenzia aveva fatto riferimento al rapporto tra valore corrente delle partecipazioni e valore complessivo della società. In assenza di ulteriori precisazioni, si era posto il dubbio che il valore complessivo fosse da intendersi come valore economico netto (equity value).

Nella risposta n. 5/2023, l’Agenzia chiarisce che il valore delle partecipazioni deve essere rapportato al valore complessivo dell’attivo di bilancio ossia al valore del capitale investito. Tale grandezza è certamente più idonea rispetto al valore netto ad esprimere l’attività svolta dalla società. Il chiarimento, pertanto, è apprezzabile. Ciò che non convince è l’impostazione di fondo dell’agenzia delle Entrate basata sui valori correnti in contrasto con l’impostazione supportata dalla dottrina unanime e dalla prassi professionale che individuano nell’articolo 162-bis i criteri per la qualifica di holding anche ai fini dell’articolo 177, comma 2-bis. Le argomentazioni e le conclusioni dell’agenzia delle Entrante non risultano del tutto coerenti e condivisibili.

L’articolo 162-bis del Tuir si riferisce alle «società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni» contiene una definizione generale in base alla quale «l’esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari sussiste, quando, in base ai dati del bilancio (…)». La portata generale di questa definizione valevole nell’ambito delle imposte dui redditi è riconosciuta dalla stessa agenzia delle Entrate.

La contraddizione in cui incorre l’Agenzia è evidente: se si riconosce la portata generale dell’articolo 162-bis, risulta difficile sostenere che tale la normai rilevi solo in caso di previsioni direttamente riferibili alle holding. Peraltro, posto che l’articolo 177, comma 2-bis è entrato in vigore successivamente, se il legislatore avesse voluto derogare, avrebbe dovuto inserire nell’articolo 177 comma 2-bis, una definizione di holding specifica rispetto a quella generale già in vigore.

L’Agenzia sostiene, inoltre, che il criterio basato sui valori correnti è conforme al criterio per verificare la prevalenza delle partecipazioni detenute dalla holding in ambito pex.

La disciplina pex è dettagliata in modo esaustivo dall’articolo 87 del Tuir, che include un’apposita ed esplicita definizione di società commerciale e di holding, basata sui valori correnti. Richiamando normativa pex, l’agenzia delle Entrate incorre in un’ulteriore contraddizione: se il legislatore non ha introdotto una specifica definizione di holding ai fini del 177, comma 2-bis, così come invece ha fatto nell’articolo 87, significa che non ha voluto discostarsi dal rinvio alla definizione contenuta nell’articolo 162-bis.

Tuttavia la criticità più rilevante riguarda gli aspetti pratici e la concreta applicazione del criterio a valori correnti. Peraltro, l’Agenzia non fornisce alcuna indicazione sui metodi di valutazione. L’applicazione del regime risulterebbe subordinata alla predisposizione di perizie, soggette a contestazioni con il rischio che, una volta effettuata l’operazione, l’agenzia sulla base di proprie valutazioni riqualifichi la società scambiata come holding, negando il realizzo controllato.

Piuttosto che intraprendere complessi e costosi processi di valutazione a rischio di contestazioni, gli imprenditori potrebbero rinunciare all’operazione.

L’agenzia delle Entrate, inoltre, non riconosce finalità antielusiva sottesa a questa disposizione sul conferimento di partecipazioni di società-holding. Tale finalità è quella di evitare che il requisito delle percentuali minime richieste venga «aggirato» grazie all’interposizione di una holding, con la conseguente possibilità di accedere al regime anche in caso di partecipazioni sottosoglia.

Tuttavia, in caso di gruppi industriali strutturati con partecipazioni infinitesimali, è difficile immaginare un’interposizione della holding in funzione del conferimento in realizzo controllato. In questi casi, come in caso di holding miste che svolgono anche un’effettiva attività commerciale, dovrebbe essere possibile dimostrare l’assenza di scopi elusivi e l’applicazione del realizzo controllato anche in assenza dei requisiti formali della demoltiplicazione.

L’Agenzia non è dello stesso avviso: in termini piuttosto perentori e senza addure a giustificazioni di alcun tipo, afferma che l’articolo 177, comma 2-bis, secondo periodo, del Tuir non rappresenta una norma antielusiva poiché si qualifica come norma di sistema e in quanto tale, non risulta disapplicabile in base all’articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000. Negare l’interpello disapplicativo significa limitare l’utilizzo dei conferimenti di partecipazioni per molte realtà imprenditoriali. Ciò in evidente contrasto con lo spirito della disciplina, volta a tutelare e valorizzare le imprese familiari mediante operazioni di riorganizzazione fiscalmente efficienti. Non mancano, comunque, spunti di apertura. Infatti, nella risposta 5/2023, l’Agenzia valorizza a pieno gli obiettivi di trasmissione generazionale realizzabili attraverso l’operazione di conferimento di partecipazioni in regime fiscale di realizzo controllato.

L’Agenzia si esprime sulla donazione delle partecipazioni nella società conferitaria costituita mediante conferimento di partecipazioni ex articolo 177, comma 2-bis. Nello specifico, il socio conferente, unico titolare del capitale della conferitaria (come da requisito), intende trasferire le partecipazioni ai discendenti, riservandosi la maggioranza di diritti di voto. Sul punto, l’Agenzia chiarisce che l’unipersonalità deve essere verificata esclusivamente al momento dell’atto di conferimento. La norma, infatti, è volta a favorire la creazione delle holding per veicolare la successiva riorganizzazione e il ricambio generazionale, nell’ottica della continuità imprenditoriale. Emerge, da parte dell’Agenzia, una piena consapevolezza degli obiettivi sottesi al regime dei conferimenti ex articolo 177 del Tuir in evidente contrasto con l’impostazione piuttosto rigida, sopra evidenziata. Si auspica, dunque, un’ulteriore riflessione per non compromettere la fattibilità di molte riorganizzazioni societarie. Si tratta di percorsi assolutamente strategici per garantire la continuità aziendale e preservare il tessuto imprenditoriale italiano formato in via assolutamente prevalente da imprese familiari.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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