Controlli e liti

Manovra, sanzioni «critiche» per le violazioni del reverse charge in caso di operazioni inesistenti

La legge di Bilancio accoglie la tesi delle Sezioni unite, ma resta il problema di come trattare la «consapevolezza» della frode da parte del cessionario o committente

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

La legge di Bilancio 2023 accoglie l’orientamento delle Sezioni unite della Cassazione in materia di violazioni al reverse charge per operazioni inesistenti.

L’esatta portata dell’articolo 6, comma 9-bis.3, Dlgs 471/97 è stata infatti definita dalla sentenza 22727/2022. Pronuncia che ha fissato il principio con cui individuare cosa accade in presenza di operazioni inesistenti trattate in inversione contabile dal cessionario/committente:

● la sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile (minimo mille euro), con salvezza del diritto di detrazione dell’Iva, sarebbe applicabile solo in presenza di operazioni inesistenti che, se fossero esistenti, sarebbero esenti, non imponibili o comunque non soggette a imposta;

● in caso di operazioni inesistenti che, se fossero esistenti, sarebbero invece imponibili, la detrazione non spetta e sarebbero dovute le sanzioni proporzionali di cui all’articolo 6, comma 1, Dlgs 471/1997 (dal 90 al 180% dell’imposta).

L’intervento sul comma 9-bis.3 interviene su questa seconda ipotesi – cioè l’operazione inesistente imponibile – prevedendo l’applicabilità della sanzione del comma 6 (e non del comma 1, come ipotizzato dai giudici) del medesimo articolo 6, Dlgs 471/1997, pari al 90% dell’imposta considerata indetraibile. Inoltre, precisa che tale penalità è irrogabile solo se è provato che il cessionario/committente fosse consapevole della frode (la consapevolezza è indubbia se è provata l’inesistenza oggettiva dell’operazione).

Sembrerebbe quindi che, nei casi di operazione inesistente (imponibile) di cui il cessionario/committente non sia “consapevole”, lo stesso resti soggetto alla sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile, salva però la detrazione. Trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti, sarebbe una scelta assai penalizzante, se per operatore “inconsapevole” s’intende quello che non poteva sapere della frode pur avendo applicato la dovuta diligenza. Se così fosse, vorrebbe dire che il legislatore ha accolto anche il “passaggio” della sentenza 22727 in cui è affermato che «l’articolo 6, comma 9-bis.3, resterà applicabile anche al caso di operazioni soggettivamente inesistenti imponibili per le quali ricorrono comunque i requisiti per il riconoscimento del diritto alla detrazione, per carenza di prova dell’elemento psicologico, rientrando tali ipotesi nel cono d’ombra della previsione normativa, la quale intende comunque sanzionare condotte capaci di produrre effetti frodatori del sistema[...]».

Ne deriverebbe pertanto che, in mancanza di prova (anche presuntiva) della conoscenza/conoscibilità o, per come si esprime la nuova norma, in mancanza di prova della consapevolezza dell’intento evasivo/fraudolento, sarebbe comunque applicabile la sanzione dal 5 al 10% dell’imponibile, ossia la sanzione del secondo periodo dell’articolo 6, comma 9-bis.3, pur restando salva la detrazione.

Ma quando la detrazione è legittima, non dovrebbe essere irrogata alcuna sanzione, né quella dell’articolo 6, comma 9-bis.3, né altre.

Potrebbe allora darsi una diversa lettura del concetto di consapevolezza (anche se il dato normativo non pare aiutare granché). Ossia potrebbe considerarsi che l’operatore “consapevole” sia quello che è attivamente partecipe della frode e non semplicemente quello che avrebbe potuto ipotizzarla se avesse usato la doverosa diligenza. Per quest’ultimo, pur sempre negligente, potrebbe in effetti considerarsi adeguata l’applicazione di una deterrenza calibrata sull’imponibile dell’operazione (dal 5 al 10%), fermo però restando il diritto di detrazione. Si avrebbe così un’effettiva gradazione delle misure punitive:

● l’operatore “consapevole” ossia compartecipe della frode non detrae e va soggetto alla sanzione di cui all’articolo 6, comma 6, Dlgs n. 471/1997 (oltre che alle eventuali sanzioni “a cascata”: dichiarative, eccetera);

● l’operatore soltanto negligente andrebbe invece punito con la sanzione commisurata all’imponibile dell’operazione inesistente (dal 5 al 10%), ma avrebbe diritto alla detrazione;

● per il soggetto che, invece, non avrebbe potuto conoscere la frode pur usando la dovuta diligenza, non dovrebbero esservi conseguenze di sorta né in punto d’indetraibilità dell’imposta né in termini sanzionatori.

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