Imposte

Per gli accordi convertendi stessa natura delle azioni

Interpello nuovi investimenti di Sgr che investe in imprese con apporti di equity. Pesa l’investimento iniziale per il conteggio dell’holding period ai fini Pex

di Alessandro Germani

Gli accordi convertendi per finanziare imprese innovative, con o senza emissione di strumenti finanziari partecipativi (Sfp) hanno fiscalmente natura di equity. Corollario di ciò è l’applicazione della Pex, per il cui holding period si guarda all’investimento iniziale e non al momento di conversione. È questa l’importante sintesi n. 1 delle Entrate del 25 maggio scorso.

L’ambito è quello dell’interpello sui nuovi investimenti, in cui una Sgr che opera verosimilmente nel venture capital, attraverso dei Fia (fondi investimenti alternativi) che gestisce o delle newco possedute dai Fia stessi investe in imprese innovative con apporti di equity. La contabilizzazione avviene secondo i principi Oic. Gli apporti avvengono secondo due modalità, comunque simili, di sottoscrizione:

• degli Sfp;

• dei contratti di investimento senza emissione di Sfp.

L’unica differenza consiste nel fatto che il secondo modello non prevede la materiale emissione dei titoli, ma per il resto la logica è identica. Gli apporti di denaro sono iscritti infatti nell’equity, come riserve di capitale, senza alcun obbligo di rimborso, in quanto c’è per l’investitore il rischio di perdita del capitale. Al verificarsi di determinati eventi c’è la possibilità che le riserve si convertano in capitale sociale con emissione delle quote di partecipazione.

Secondo l’agenzia delle Entrate questi strumenti sono similari alle azioni ex articolo 44, comma 2, lettera a), del Tuir. Infatti in questi casi per i soggetti Ias si guarda alla qualificazione fiscale indipendentemente dall’iscrizione contabile, perché non vale la derivazione rafforzata (articolo 5 del Dm 8 giugno 2011). L’estensione ai soggetti Oic (come le newco del caso di specie) si è avuta con il Dm 3 agosto 2017. Quindi si guarda alle regole del Tuir, per cui lo strumento è similare all’azione quando la remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici dell’emittente.

Pertanto, in presenza di Sfp con partecipazione immediata alle perdite e prospettica agli utili la natura è quella delle azioni. E ciò vale per entrambi i modelli descritti nell’istanza. Ciò comporta che in capo alla target l’incasso delle somme non abbia alcuna rilevanza reddituale. Lo stesso vale per gli interessi figurativi che servono a stabilire il rapporto di conversione. La riserva a fronte dell’emissione dei convertendi non avrà mai implicazione reddituale. Nessuna tassazione Irap si verifica in capo all’emittente. Circa l’investitore vi sarà una semplice iscrizione degli strumenti fra le immobilizzazioni finanziarie, senza rilevanza né Ires né Irap. Similmente sarà indeducibile tanto la svalutazione degli Sfp quanto l’eventuale minusvalenza di titoli che si connotano per la Pex. Stesso discorso anche per ciò che concerne l’Irap.

Appare interessante l’ultima previsione, per cui secondo l’agenzia delle Entrate in caso di conversione e successiva cessione delle azioni trova spazio la Pex per ambedue i modelli al ricorrere dei requisiti dell’articolo 87 del Tuir. Elemento di spicco è il fatto che per l’holding period si guarda alla sottoscrizione degli accordi, essendo la conversione un evento neutrale ai fini del periodo di possesso.

Questa appare una conclusione da salutare favorevolmente, in quanto riconferma e solidifica la posizione espressa con le risposte 44 e 64 del 2022, di tenore differente rispetto alla precedente 818 del 2021 (si veda il Sole 24 Ore del 10 febbraio 2022). Ai fini Pex, pertanto, si guarda all’investimento iniziale per il conteggio dell’holding period.

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