Imposte

Acconto Imu 2023, imposta da calcolare con aliquote (e detrazioni) del 2022

Il saldo si verserà poi a conguaglio sulla base delle regole approvate nell’anno in corso. Conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindi giorni

di Giuseppe Debenedetto

Il 16 giugno scade il termine per versare l’acconto Imu 2023 e occorre prestare attenzione nella fase di calcolo dell’imposta da pagare, se non si vuole incorrere in irregolarità sanzionabili, considerate peraltro le diverse modifiche intervenute con l’entrata in vigore della nuova Imu (legge 160/2019).

Tra queste, si segnala che attualmente l’importo dell’acconto è pari all’imposta «dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell’anno precedente» e il saldo a conguaglio sulla base delle aliquote approvate nell’anno in corso e sul sito del Dipartimento delle Finanze alla data del 28 ottobre. Cambia quindi il meccanismo di calcolo dell’acconto: prima era pari alla metà dell’imposta dovuta per l’anno (articolo 9 comma 3 Dlgs 23/2011: «imposta dovuta per l’anno in corso»), per cui in caso di acquisto di immobile il 31 marzo l’acconto si calcolava nella misura del 50% di 9/12, attualmente si calcola invece in 3/12.

Sempre in caso di possesso iniziato o cessato in corso d’anno, va conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindi giorni (regola dei 15 giorni equivalenti a un mese: articolo 9 comma 2 Dlgs 23/2011). La legge 160/2019 ha chiarito definitivamente che il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente (comma 761). Pertanto, in caso di acquisto di immobile con rogito effettuato ad esempio il 14 aprile 2023, l’imposta sarà calcolata per i mesi che vanno da aprile a giugno, versando i 3/12 del tributo a giugno 2023.

Si evidenzia che in caso di comproprietà l’imposta va versata da ciascun contitolare in base alle quote di possesso, ma molti enti consentono di effettuare il versamento cumulativo da parte di uno di essi: andrebbe quindi verificato se il regolamento comunale prevede tale facoltà.

Occorre inoltre considerare l’importo minimo esigibile, al di sotto del quale non si effettua alcun versamento: il minimo è pari a 12 euro, in assenza di diverso importo stabilito dal singolo Comune. La soglia minima riguarda comunque l’importo annuale da versare e non la singola rata, che può quindi risultare di importo inferiore. In ogni caso, l’importo minimo non può essere considerato una franchigia. Ad esempio, se l’imposta annuale è pari a 20 euro, il contribuente non versa l’acconto di dieci euro a giugno (in quanto inferiore al minimo di 12 euro), ma dovrà versare l’intero importo di 20 euro a dicembre.

Va infine applicata la regola dell’arrotondamento all’euro per difetto se la frazione è inferiore o uguale a 49 centesimi, o per eccesso se superiore a detto importo (articolo 1 comma 166 legge 296/2006, Mef circolare 3/DF/2012). L’arrotondamento deve essere effettuato per ciascun rigo del modello F24 e del bollettino, poiché a ciascuna tipologia di immobile è associato un differente codice tributo.

Ravvedimenti e rimborsi

Insomma, le probabilità di incorrere in errori è piuttosto alta, considerata la complessità della disciplina. Ma ci sono comunque sistemi che consentono di mitigare gli effetti delle irregolarità. Primo fra tutti l’istituto del ravvedimento, che consente al contribuente di evitare le sanzioni del 30% previste per omesso, parziale o tardivo versamento dell’imposta dovuta. È sufficiente adempiere spontaneamente pagando l’imposta dovuta oltre alle sanzioni (ridotte) e agli interessi legali. Le sanzioni da ravvedimento sono graduate a seconda del tempo trascorso per la regolarizzazione: dallo 0,1% al giorno (fino al 14° giorno) all’1,5% (da 15 a 30 giorni), fino ad un massimo del 5% nel caso siano passati oltre due anni dalla violazione.

Se invece si è pagato in eccesso occorre presentare una richiesta di rimborso al Comune, oppure recuperare l’importo con il saldo o portarlo a credito nell’anno successivo.

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