Controlli e liti

Irrogazione di sanzioni fiscali con eccesso di automatismo

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Irrogazione delle sanzioni tributarie da parte degli uffici dell’agenzia delle Entrate in modo quasi automatico con l’applicazione frequente anche delle aggravanti, senza però alcuna valutazione sulla sussistenza di colpa.

È questa, in estrema sintesi, la prassi normalmente seguita dagli uffici nell’irrogazione delle sanzioni che, in realtà, trascurano le indicazioni normative in materia.

Con la riforma del 1998 (Dlgs 472/97), sostanzialmente confermata dal restyling operato del 2015, il legislatore ha previsto la sanzionabilità solo per chi ha agito con dolo o colpa mentre non sussiste alcuna responsabilità in presenza di incertezza normativa (articoli 5 e 6 del Dlgs 472/97 e articolo 10 Statuto del contribuente).

La colpa

La circolare n. 180 del 1998, mai smentita da documenti successivi, ha precisato che:

•la sussistenza della responsabilità del trasgressore comporta la commissione della violazione quanto meno con colpa;

•sussiste colpa quando le violazioni sono conseguenza di insufficiente attenzione o di inadeguata organizzazione rispetto ai doveri imposti dalla legge fiscale (negligenza), di atteggiamenti o decisioni avventate per l’adempimento degli obblighi tributari (imprudenza) ovvero in una insufficiente conoscenza degli obblighi medesimi che possa però derivare da un difetto di diligenza (imperizia).

L’incertezza
Lo Statuto del contribuente (articolo 10) ha escluso la punibilità per l’autore della violazione quando è determinata da obiettive condizioni di incertezza. Sul punto, secondo la citata circolare:

•l’incertezza obiettiva sussiste dinanzi a previsioni normative equivoche, situazione non infrequente rispetto alle norme tributarie assai spesso complesse e poco chiare, per le quali potrebbe non essersi formato un orientamento interpretativo definito e non contraddittorio;

•tale previsione attribuisce il potere di non applicare le sanzioni, oltre che al giudice tributario, anche agli uffici ed esprime una disciplina generale ed organica della materia capace di sostituirsi a tutte le disposizioni previgenti.

La valutazione
Sulla base delle norme e delle direttive a livello centrale citate, appare indubbia la necessità di una valutazione soggettiva sull’autore della violazione, cioè sul comportamento tenuto nella violazione, ed oggettiva, ossia se l’obbligo tributario richiesto al contribuente sia inequivocabile. Negli atti emessi, però, vi è soltanto la mera indicazione delle norme ritenute violate, senza alcuna ulteriore precisazione.

Peraltro, sempre la circolare 180/98 chiariva che di fronte ad una violazione è lecito, in prima battuta, presumere la colpa del trasgressore, salva la successiva verifica della reale sussistenza della medesima se non addirittura del dolo o della colpa grave. In tale contesto:

•per non incorrere nella sanzione tributaria occorre dimostrare di aver tenuto un comportamento diligente;

•gli Uffici possono valutare tali circostanze successivamente (memorie successive all’atto).

Ciò fa ritenere che almeno nelle memorie difensive post-provvedimento o in adesione occorra una valutazione concreta da parte degli accertatori. Spesso però, nella realtà, si verifica un disomogeneo trattamento sanzionatorio dinanzi ad analoghe violazioni, peggiorato dal fatto che le aggravanti vengono puntualmente applicate e le scriminanti o attenuanti sono del tutto trascurate.

Basti pensare che dopo le modifiche introdotte con il Dlgs 158/2015, spesso è irrogata la sanzione minima aumentata di una percentuale che tenga conto della gravità o della recidiva del comportamento. Nel contempo si ignora però che la medesima norma esclude un’applicazione automatica della sanzione per ogni violazione richiedendo la colpa o il dolo e l’assenza di incertezza normativa.

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