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Impianti a biogas e biomasse, aumenta la gamma dei sottoprodotti utilizzabili

La conversione del Dl 17 amplia i prodotti da immettere in impianti di biogas che godono di meccanismi di incentivazione. Semplificate le procedure di ammissione

L’articolo 12-bis del Dl 17/2022, introdotto dalla legge di conversione 34/2022 pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 28 aprile, amplia la platea dei prodotti che possono essere immessi in impianti di biogas che godono di meccanismi di incentivazione e ne semplifica le procedure di ammissione in ingresso dei prodotti.
In particolare, l’articolo dispone che i sottoprodotti elencati ai punti 2 e 3 del decreto del ministro dello Sviluppo economico 23 giugno 2016, in materia di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, possono essere ammessi in ingresso negli impianti a biogas e biomasse.
Si tratta, per quanto riguarda il punto 2, dei sottoprodotti derivanti dallo svolgimento delle attività agricole principali di coltivazione, di allevamento, di selvicoltura e dalla gestione del verde. Il punto 3, invece, elenca i prodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali.

I prodotti interessati

Di conseguenza possono essere immessi negli impianti:

• gli effluenti zootecnici;
• la paglia;
• la pula;
• gli stocchi;
• i fieni e i trucioli da lettiera;
• i residui di campo delle aziende agricole;
• i sottoprodotti derivati dall’espianto;
• i sottoprodotti derivati dalla lavorazione dei prodotti forestali;
• i sottoprodotti derivati dalla gestione del bosco;
• le potature, le ramaglie e i residui dalla manutenzione del verde pubblico e privato
• i sottoprodotti della trasformazione del pomodoro, delle olive, dell’uva, della frutta, degli ortaggi, delle barbabietole;
• i sottoprodotti della lavorazione del risone, dei cereali;
• i pannelli di spremitura di alga;
• i sottoprodotti delle lavorazioni ittiche.

Tali prodotti, oltre a poter essere immessi negli impianti, si intendono compresi nella definizione, fornita dall’articolo 3, comma 1, lettera i) del decreto del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali del 25 febbraio 2016, di «residui dell’attività agroalimentare» e cioè in residui di produzione derivanti dalla trasformazione o valorizzazione di prodotti agricoli effettuate da imprese agricole o da imprese agroindustriali, a condizione che non vengano rilasciate sostanze chimiche.

Due sono le condizioni da rispettare per poter immettere tali prodotti:

che questi siano ricompresi nella definizione di sottoprodotto (e non rifiuti) fornita dall’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006

che l’utilizzo agronomico del digestato rispetti le regole del citato decreto del ministero delle Politiche agricole e forestali.

La differenza tra sottoprodotto e rifiuto

Per quanto concerne la distinzione tra sottoprodotto e rifiuto l’articolo 184-bis del Codice dell’ambiente prevede che siano considerati sottoprodotti e non rifiuti le sostanze o oggetti che rispettano determinate condizioni, tra cui:

• essere originati da un processo di produzione il cui scopo non è la produzione di tali sostanze o oggetti;

• essere riutilizzati, senza ulteriore trattamento, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione.

Il loro utilizzo dovrà inoltre rispettare tutti i requisiti pertinenti e non comportare danni per la salute umana e per l’ambiente. Pertanto, se le due condizioni sono rispettate, gli impianti a biogas o biomasse che fruiscono di meccanismi di incentivazione possono essere alimentati mediante i prodotti indicati.

Impianti ammessi e regole fiscali

La norma non modifica gli impianti ammessi all’incentivazione, né le regole in ambito fiscale. Di conseguenza rimangono valide le disposizioni del comma 954 della legge 145/2018 e del comma 423 della legge 266/2005.

Il primo dei due dispone che fino alla approvazione del prossimo decreto di incentivazione, siano ammessi a fruire delle tariffe incentivanti solo gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW, facenti parte del ciclo produttivo di un’impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli, la cui alimentazione deriva per almeno l’80% da reflui e materie derivanti prevalentemente dalle aziende agricole realizzatrici.

Il secondo tratta le modalità di tassazione degli impianti a biogas alimentati da fonti agroforestali rinnovabili e dispone che siano ricompresi nel reddito agrario solo i corrispettivi imputabili alla produzione dei primi 2.400.000 kWh, mentre la parte eccedente sia tassata applicando il coefficiente di forfettizzazione del 25%, a condizione che l’impianto sia alimentato utilizzando prevalentemente prodotti ottenuti dall’azienda agricola.

Il requisito della prevalenza

La nuova norma consente di immettere una maggiore varietà di prodotti ma non modifica il requisito della prevalenza. Pertanto, le imprese agricole dovranno prestare particolare attenzione a non eccedere con l’utilizzo di prodotti di terzi al fine di evitare di perdere la qualificazione agricola dell’attività di produzione di energia posta in essere.