Imposte

Peer to peer lending, l’intermediario estero obbliga a compilare il quadro RW

La risposta a interpello 155: l’utilizzo delle piattaforme presuppone la detenzione di conti presso l’istituto di pagamento (Isp) estero. Vanno indicati il codice «14» e quello dello Stato di riferimento

di Marco Piazza

Gli interessi derivanti da finanziamenti peer to peer (cosiddetti «P2P Lending») fatti su piattaforme, italiane o estere, gestite da istituiti di pagamento stranieri concorrono a formare il reddito complessivo imponibile (ad aliquota Irpef progressiva, per le persone fisiche) dei finanziatori residenti in Italia

Poiché l’uso di queste piattaforme presuppone la detenzione di «conti di pagamento» presso l’istituto di pagamento (Isp) estero, devono essere indicati nel quadro RW indipendentemente dalla circostanza che la piattaforma sia italiana o estera o che il finanziamento sia erogato a soggetti italiani o esteri. A tal fine va utilizzando il codice «14» («Altre attività estere di natura finanziaria») e il codice dello Stato estero presso il quale è detenuto il conto.

Sui conti di pagamento detenuti presso l’Isp estero non è dovuta l’Ivafe, perché non si tratta di conti correnti e gli strumenti di pagamento non sono prodotti finanziari. L’Ivafe è invece dovuta sui finanziamenti, ma solo nell’ipotesi in cui il finanziamento abbia il requisito della «negoziabilità» perché solo in questo caso il finanziamento è considerato un «prodotto finanziario».

Questi, in sintesi, i chiarimenti offerti dalla risposta a interpello 155 del 2022 che conferma la risoluzione 56/E del 2020, le risposte 168 e 169 del 2020 e la risposta 689 del 2021.

Se l’istituto di pagamento che gestisce la piattaforma non è iscritto all’albo degli intermediari finanziari presso la Banca d’Italia non è, quindi, autorizzato ad applicare la ritenuta d’imposta sugli interessi corrisposti a persone fisiche prevista dall’articolo 1, commi 43 e 44, della legge 205 del 2017. E ciò anche se è soggetto all’estero a una equivalente forma di vigilanza (risposta 168 del 2020)

Da ciò l’effetto che, da un lato se il soggetto finanziato è residente in Italia deve applicare la ritenuta d’acconto sugli interessi (risposta 689 del 2021); dall’altro il finanziatore deve indicare in ogni caso, anche se il soggetto finanziato è non residente, l’interesse nel quadro RL del modello Redditi.

Come è stato da più parti osservato, la legislazione italiana in tema di tassazione degli interessi da finanziamenti peer to peer rischia di essere in conflitto con il trattato sul funzionamento dell’Unione europea nel momento in cui assoggetta i finanziamenti fatti da parte di persone fisiche attraverso istituti di pagamento europei – soggetti a regole di vigilanza e obblighi di scambio d’informazione analoghi a quelli italiani –ad un regime fiscale più gravoso di quello previsto per le analoghe forme di investimento fatte per il tramite di istituti di pagamento italiani.

Il principio che sui conti di pagamento presso Isp esteri non è dovuta l’Ivafe si applica alla generalità dei conti di pagamento; non solo a quelli collegati alle piattaforme peer to peer. È una conferma importante perché il ricorso ai servizi offerti da istituti di pagamento o di emissione di moneta elettronica anche esteri è sempre più diffuso fra i privati.

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