Imposte

Calcio, arriva lo stop del Mef alle finte plusvalenze

Arriva puntuale la doppia stretta annunciata dal ministro Giorgetti a Telefisco: con un emendamento al Milleproroghe la dilazione sarà ammessa solo quando c’è un effettivo trasferimento di denaro

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Arriva puntuale la doppia stretta contro le plusvalenze fittizie delle società sportive annunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la settimana scorsa nella sua intervista a Telefisco, all’indomani dell’esplodere del caso Juventus.

La nuova regola, che va a modificare l’articolo 86 del Testo unico sulle imposte sui redditi, prende la forma di un emendamento governativo che sarà presentato al Milleproroghe in discussione al Senato e agisce nei due modi anticipati sul Sole 24 Ore di venerdì scorso. Prima di tutto si introduce una disciplina specifica per «le plusvalenze realizzate mediante cessione dei diritti all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta per le società sportive professionistiche». Queste somme si dividono in due parti: la quota «corrispondente al corrispettivo eventualmente conseguito in denaro» sarà sottoposta alla classica rateizzazione in quote costanti, mentre il resto andrà direttamente «a formare il reddito nell’esercizio in cui è stata realizzata».

A cambiare però, e questa è la seconda parte dell’intervento, sono anche le regole generali per le rateizzazione. Il testo attuale permette di fatto un regime di favore per le società sportive, che possono diluire la plusvalenza anche quando il «bene», in questo caso il giocatore, rimane per un solo anno nella proprietà del club, mentre le altre imprese hanno bisogno di mantenerlo in portafoglio almeno per tre anni per vedersi aprire le porte della dilazione. Il regime di favore, nato dal fatto che la velocità di cessione dei cartellini è mediamente maggiore rispetto ai beni della generalità delle imprese, viene ora abolito, allineando la disciplina dello sport a quella generale che impone di aspettare il triennio.

L’obiettivo della doppia mossa è chiaro, e punta a stringere le viti fiscali intorno alle plusvalenze di carta, realizzate dai club per sostenere i propri conti senza che però i valori abbiano un corrispettivo effettivo di mercato. Da questa ragione nasce il doppio regime: sulle plusvalenze che si traducono in un effettivo scambio di denaro la mano del fisco è più leggera, e permette di spalmare l’incremento di reddito su più anni a patto di rispettare la regola generale dei tre anni. Per quelle che producono numeri nei bilanci ma non trasferimento di denaro, invece, non c’è scampo: vanno integralmente ad alimentare il reddito dell’anno, e quindi le imposte da pagare, con un disincentivo che dovrebbe frenare il fenomeno dei maquillage dei bilanci messo sotto i riflettori dalle ultime inchieste della Guardia di finanza.

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