Imposte

Sui beni immateriali 4.0 in economia l’acconto del 20% prenota il bonus

Come gestire i pagamenti per beneficiare del maggior beneficio entro giugno

di Roberto Lenzi

Il contributo maggiorato al 50% sui beni immateriali può essere concesso sui beni acquisiti o realizzati entro il 30 giugno 2023, ma la normativa non precisa come deve comportarsi il beneficiario nel caso di un bene misto realizzato in parte in economia e in parte rivolgendosi a soggetti esterni all’impresa.

La norma è chiara su molti passaggi. Possono fruire del credito di imposta per gli investimenti in beni immateriali 4.0, disciplinato dalla legge di Bilancio 2021 (articolo 1, commi 1058, 1058-bis e 1058-ter, legge 178/2020), tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato. Sono agevolabili gli investimenti in beni immateriali strumentali nuovi funzionali ai processi di trasformazione 4.0 (ricompresi nell’Allegato B legge 232/2016, come integrato dall’articolo 1, commi 32, della legge 205/2017).

Sono agevolabili i software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni, sistemi di gestione della supply chain finalizzata al drop shipping nell’e-commerce. Sono ammissibili i software e servizi digitali per la fruizione immersiva, interattiva e partecipativa, ricostruzioni 3D, realtà aumentata. Vi rientrano software, piattaforme e applicazioni gestione e coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio. Oltre ai costi diretti, sono ammesse anche le spese per servizi sostenute in relazione all’uso dei beni ammissibili tramite cloud computing, per la quota imputabile per competenza.

Il credito rafforzato

Il Dl 50/2022 prevede che, per gli investimenti in beni immateriali 4.0 effettuati nel 2022, le imprese possano fruire di un credito di imposta rafforzato al 50%, invece del 20% previsto in precedenza. Lo stesso decreto impone che la misura più elevata si applichi anche agli investimenti effettuati entro il 30 giugno 2023, a condizione che entro il 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. In caso di fornitore esterno, la casistica è chiara e assimilabile a quella in essere per i beni materiali.

Il caso dei beni in economia

La situazione si complica nel caso in cui il lavoro sia svolto parzialmente dall’ufficio It interno, i cosiddetti “beni in economia”. In presenza di soli lavori interni, l’impresa dovrebbe realizzare almeno un 20% dei lavori entro il 31 dicembre 2022 e potrebbe applicare quanto previsto dalla circolare 23/E del 2016. La stessa prevede che, trattandosi di beni non acquistati presso soggetti terzi ma realizzati internamente, la prima condizione contemplata dalla norma, ossia l’accettazione dell’ordine da parte del venditore, non sia rilevante per l’estensione del beneficio agli investimenti effettuati entro il 30 giugno 2023. Quest’estensione, nel caso di beni realizzati in economia, può essere ottenuta qualora entro il 31 dicembre risultino sostenuti costi pari almeno al 20% di quelli complessivamente sostenuti nel periodo 1° gennaio 2022 – 30 giugno 2023.

Il problema nasce, invece, laddove i lavori in economia, come spesso accade in caso di software, inizino successivamente a quelli svolti da soggetti esterni. L’impresa potrebbe, in questo caso, non avere costi interni da spesare nel 2022 e ne conseguirebbe che, anche dando un acconto del 20% calcolato sui soli costi esterni, non soddisferebbe il requisito dell’acconto del 20% sul costo complessivo registrato entro il 30 giugno 2023. Una soluzione potrebbe essere quella di versare una quota più alta al fornitore esterno, che comprenda anche una corrispondente quota del valore ipotizzato dei lavori in economia. Questo direbbe la logica, ma una presa di posizione entro fine anno da parte dell’agenzia delle Entrate sarebbe opportuna.

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