Controlli e liti

Liti con il Fisco per 50 miliardi di euro

di Marco Mobili e Giovanni Parente

Con il Fisco si continua a litigare. Questa potrebbe non essere una novità. Resta, però, il problema che in primo e secondo grado il valore delle controversie tra amministrazione finanziaria e altri enti impositori (ad esempio i Comuni) con i contribuenti valgono quasi 50,4 miliardi. A fornire l’aggiornamento (al 15 gennaio 2018) è stato il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt) nell’apertura dell’anno giudiziario tenutasi ieri in Cassazione. La cerimonia ha consentito al primo presidente della Suprema corte, Giovanni Mammone, di fornire un altro elemento preoccupante che fotografa lo stato del contenzioso: le pendenze tributarie nel grado di legittimità sono ormai il 49% del totale delle cause civili mentre addirittura un ricorso nuovo su tre presentato nel 2017 riguarda materie fiscali. Nella sezione tributaria della Cassazione - è stato evidenziato durante gli interventi alla cerimonia - c’è un eccesso di ricorsi in terzo grado anche su questioni per le quali l’orientamento giurisprudenziale è consolidato.

Uno stato del processo tributario su cui si è soffermato anche il presidente del Cpgt Mario Cavallaro: «Dei 50 miliardi di valore delle cause pendenti, 25,3 miliardi sono in primo grado ed altri 25 circa sono in appello. Per quanto riguarda l’esito dei processi in Cassazione, la percentuale di successo per lo Stato, cioè l’Erario, è di due terzi, contro un terzo a favore del contribuente». Non è solo una questione numerica, però. I problemi del contenzioso, pur se conosciuti, restano ancora irrisolti e si trascineranno in eredità nella prossima legislatura. L’attenzione è stata «insoddisfacente» ha dichiarato Cavallaro che poi ha aggiunto: «I più volte annunciati tavoli, tecnici o politici che fossero, si sono rivelati privi, a qualsiasi livello, delle gambe per fare anche un solo passo avanti». Una stoccata a cui il Governo non ha potuto replicare in quanto assente a causa della neve a Roma.

Se si guardano le quantità la giustizia tributaria di merito ha visto un calo dei ricorsi. Nel 2017 sono stati poco più di 212mila con una riduzione del 18% sul 2015 e di quasi il 9% sul 2016. Una contrazione figlia, da un lato, dell’introduzione del contributo unificato (e dunque dall’aumento dei costi per far “causa”) e dall’altro degli istituti deflattivi del contenzioso: la mediazione con le Entrate estesa poi ad altri enti impositivi (e che dal 1° gennaio scorso riguarda gli atti fino a 50mila euro) ma anche l’impulso al ravvedimento operoso con la strategia delle lettere di compliance (salite quasi a 1,5 milioni nell’anno appena trascorso). A fronte di questo, però, dai numeri sembrerebbe emergere anche una minore capacità di definizione, in particolar modo in primo grado. Negli ultimi due anni la contrazione complessiva nel merito sulle liti decise ammonta al 12,3 per cento. A frenare l’impatto sulle pendenze, che proseguono nel trend di calo anche se meno marcato tra 2017 e 2016) potrebbero essere state le due rottamazioni: quella delle cartelle, la cui adesione è vincolata alla rinuncia alle liti in corso, e quella dedicata ai contenziosi pendenti scaduta il 2 ottobre. Ma il valore delle pendenze in gioco potrebbe far gola in termini di gettito al nuovo Governo e aprire la strada a una nuova definizione agevolata.

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