Imposte

Plusvalenze su criptovalute: per i Paperoni vale la tassazione forfettaria

Con la risposta 397/2022 il Fisco conferma che i redditi generati dalla cessione di valute virtuali tramite intermediari esteri rientrano nella tassa fissa di 100mila euro prevista per i neo residenti

di Dario Aquaro

Le plusvalenze generate dalla cessione di valute virtuali sono qualificabili come redditi diversi prodotti all’estero: dunque, in linea di principio, possono essere ricomprese nell’imposta sostitutiva prevista per i neo-residenti (ex articolo 24-bis del Tuir).
Se il contribuente, infatti, ha i requisiti per accedere a questo regime agevolato (dei «Paperoni»), i redditi possono non essere sottoposti alla “ordinaria” sostituiva del 26%, ma rientrare nella tassa fissa di 100mila euro relativa ai redditi prodotti all’estero.

La conferma delle Entrate è giunta con la risposta a interpello 397/2022, in cui si analizza il caso di una contribuente che nel 2020 ha trasferito la residenza dalla Gran Bretagna all’Italia, e nel 2021 ha venduto una quota del proprio portafoglio in valute virtuali. Valute che erano depositate in parte sulla piattaforma exchange Coinbase (intermediario non residente) e in parte in un cold storage wallet, localizzato nel Regno Unito (a tal fine le valute depositate nel cold storage wallet sono state prima trasferite alla piattaforma Coinbase).

L’istante sta valutando la possibilità di aderire al regime dei Paperoni, previsto per chi trasferisce la residenza in Italia senza esser stato già residente per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti all’opzione. Con il vantaggio fiscale di assoggettare a un’imposta sostitutiva forfettizzata (100mila euro) tutti i redditi prodotti all’estero. L’istante ha quindi chiesto se effettivamente le plusvalenze da cripto così realizzate possano ricadere in questa sostitutiva “macro”.

Ricordiamo infatti che, nonostante la loro evidente a-territorialità, il Fisco italiano continua a ritenere le cripto-valute assimilabili alle valute estere, con importanti conseguenze. In sintesi: le cessioni a termine di cripto-valute sono sempre imponibili; mentre le cessioni a pronti lo sono soltanto in caso di movimentazioni da depositi/wallet per i quali la giacenza media supera un controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta (articoli 67, comma 1, lettera c-ter, e comma 1-ter del Tuir ).

Sulle plusvalenze da trading, se realizzate da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, si applica “normalmente” l’imposta sostitutiva del 26% (articolo 5, Dlgs 461/ 1997). E sussistono gli obblighi di monitoraggio fiscale (quadro RW), proprio perché la detenzione di cripto è ritenuta un’attività estera di natura finanziaria suscettibile di produrre redditi imponibili in Italia.

L’Agenzia spiega che, affinché le plusvalenze realizzate tramite valute estere su depositi e conti correnti da parte di neo residenti rientrino nell’ambito della sostitutiva forfettizzata ex articolo 24-bis del Tuir, «è necessario che tali attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano (cfr. risoluzione 18 febbraio 2021, n. 12/E)». E poiché la contribuente dichiara di aver detenuto le cripto-valute nel cold storage wallet «localizzato nel Regno Unito» e in un conto a lei intestato sulla piattaforma exchange Coinbase, «gestita dall’intermediario non residente Coinbase Inc., società di diritto statunitense, si ritiene che i redditi realizzati dall’istante in virtù della cessione di tali valute virtuali, durante il periodo in cui era già fiscalmente residente in Italia, siano qualificabili come redditi diversi prodotti all’estero, e che, in linea di principio, gli stessi possano essere ricompresi nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri ai sensi dell’articolo 24-bis del Tuir». Con l’ulteriore conseguenza di esonerare dall’obbligo di monitoraggio fiscale in relazione a tali attività e investimenti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©