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Intermediazione nella vendita di azioni, i requisiti per l’esenzione Iva

L'esenzione è deroga rispetto al meccanismo generale di applicazione dell'imposta e va effettuata con attenzione

di Barbara Rossi

L’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello 852/2021 ha fornito un chiarimento in merito all’applicazione dell’esenzione ex articolo 10, comma 1, n. 9) del Dpr 633/1972 in relazione all’attività di intermediazione nella vendita di azioni.

Nel caso oggetto di interpello, la società istante aveva perfezionato il closing per la cessione della totalità delle quote detenute in una società danese (società attiva nel member management software per la gestione di club e palestre).

Per la vendita della partecipazione era stato coinvolto un broker (un terzo indipendente), incaricato di individuare potenziali compratori, gestendo le diverse fasi della trattiva e supportando le parti al fine della conclusione dell'affare. Il corrispettivo maturato dal broker fu determinato in proporzione al valore della vendita della partecipazione e fatturato dal prestatore senza applicazione dell'Iva, senza l'indicazione inversione contabile ed esponendo la partita Iva locale del broker (non abilitata al Vies e risultata inattiva).

L'istante chiedeva conferma che la prestazione ricevuta fosse da qualificarsi ai fini Iva esente quale attività di intermediazione, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, n. 9) del Dpr 633/1972, considerati sia gli elementi soggettivi che riguardano il broker sia quelli oggettivi.

Con specifico riferimento allo status del broker, l'istante osservava che lo status di soggetto privo di partita Iva (come previsto dalla normativa danese per le società che esercitano esclusivamente attività esenti dal tributo) supporta il fatto che il broker svolga unicamente prestazioni rientranti tra quelle esentate dall'Iva, tra cui anche il servizio reso all'istante (quale intermediazione). Diversamente il broker avrebbe dovuto attivare la partita Iva. L'Agenzia rileva che questo punto riguardante lo status soggettivo del broker nel proprio paese non rileva ai fini dell'analisi in questione.

Da un punto di vista soggettivo rileva, invece, la terzietà del broker rispetto alla società istante: il broker si trovava in una posizione di assoluta indipendenza rispetto a entrambe le parti contrattuali che hanno posto direttamente in contatto (non ha distribuito strumenti finanziari propri, è stato unicamente remunerato dalle commissioni di performance e, soprattutto, non era legato da alcun rapporto di partecipazione con le parti della vendita).

Per definire il corretto trattamento Iva, peraltro, occorre indagare la tipologia del servizio reso e quindi è fondamentale l'esame dell'attività resa dal broker. Più precisamente, come riepilogato dall'istante, il broker (in base allo scopo del contratto) è stato coinvolto nelle seguenti macro aree di intervento:

• messa in contatto dell'istante con i potenziali clienti;

• partecipazione diretta alle trattative tra l'istante e i potenziali acquirenti;

• suggerimento delle strategie più adeguate per condurre positivamente la trattativa;

• fare tutto ciò che era necessario perché le due parti concludessero il contratto.

L'istante ha evidenziato altresì che altri ambiti di attività e consulenza necessari per la transazione (per esempio, in materia contabile, legale e fiscale) sono state affidate a specifici consulenti esterni.

L'Agenzia richiama la risoluzione 38/E del 15 maggio 2018 con la quale (a seguito del parere espresso dal Comitato consultivo Iva, appositamente consultato anche per avere indicazioni in merito agli orientamenti espressi con la risoluzione 343 del 4 agosto 2008) ha fornito indicazioni in merito alle condizioni al verificarsi delle quali i servizi di consulenza per investimenti debbano essere inquadrati nell'ambito delle prestazioni di mediazione (esenti ai sensi dell'articolo 10, comma 1, numero 9, del Dpr 633/1972) oppure nell'ambito di generici servizi di consulenza (prestazioni soggette a Iva in regime di imponibilità).

Più precisamente l'Agenzia conferma quanto espresso dal comitato Iva secondo cui, «i servizi consistenti nella fornitura di consulenza di investimento in materia di titoli devono essere visti come attività di negoziazione soltanto quando l'attività soddisfa le condizioni di una distinta attività di mediazione come stabilito dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea».

Pertanto, ad avviso del Comitato consultivo Iva «un servizio di consulenza in materia di investimenti in titoli in cui il prestatore del servizio di consulenza non è coinvolto nella negoziazione e conclusione del contratto tra il cliente e la parte che promuove i titoli non rientra nel campo di applicazione dell'articolo 135 della direttiva Iva».

Quanto sopra trova fondamento nella nozione di «attività di negoziazione» elaborata dai giudici comunitari secondo cui detta attività è quella fornita da un intermediario che non occupa il posto di una parte in un contratto (relativo a un prodotto finanziario) e la cui attività è diversa dalle prestazioni contrattuali tipiche scambiatesi fra le parti di un siffatto contratto.

Tale attività può consistere, tra l'altro, nell'indicare le occasioni in cui concludere un tale contratto, nell'entrare in contatto con l'altra parte e nel negoziare in nome e per conto del cliente i particolari delle prestazioni reciproche. La finalità di tale attività è quindi «di fare il necessario perché due parti concludano un contratto, senza che il negoziatore abbia un proprio interesse riguardo al contenuto del contratto».

L'Agenzia riconferma che, come evidenziato dalla risoluzione 38/E/2018, «il servizio di consulenza in materia di investimenti fornito senza che sia ravvisabile alcun intervento/partecipazione del consulente/prestatore del servizio nella conclusione del contratto tra il cliente/potenziale investitore e la parte che promuove/emette i titoli non è inquadrabile come attività di negoziazione/intermediazione esente da Iva ai sensi dell'articolo 135, paragrafo 1, lettera f), della direttiva Iva 2006/112/Ce».

Ciò premesso, in relazione al caso di specie, l'Agenzia osserva che il broker ha svolto una serie di attività volte al buon esito dell'operazione di cessione, quali:

• assicurarsi che tutti i processi di lavoro procedessero secondo le tempistiche previste;

• fornire suggerimenti in merito alla strategia più corretta per condurre le trattative;

• fornire input e consigli su come gestire al meglio le tattiche e le trattative per una positiva conclusione dell'affare;

• porsi come punto di contatto per i potenziali acquirenti individuati;

• analizzare e predisporre una lista di potenziali acquirenti della partecipazione;

• prendere contatti con le potenziali parti individuate;

• predisporre delle time table dettagliate con tutti i diversi scenari presi in considerazione con i potenziali acquirenti selezionati;

• elaborare diverse strategie da intraprendere nei confronti dei diversi acquirenti in ogni fase delle trattative;

• richiedere e analizzare le informazioni disponibili a essere utilizzate per i potenziali acquirenti;

• assistere la società nella predisposizione e documentazione del business plan utilizzato al fine di presentare l'operazione ai potenziali clienti;

• fornire le indicazioni alla società istante sulla posizione negoziale e sulle strategie da utilizzare per raggiungere il miglior risultato possibile.

Secondo l'Agenzia dall'elencazione delle attività svolte emerge che il broker rende, a fronte di un corrispettivo unico (quantificato in base al valore della transazione), un'attività complessa riconducibile nel novero delle attività d'intermediazione, ovvero di interposizione nella circolazione di beni o servizi «atteso che anche tutti i servizi ancillari resi dal broker danese sono di fatto propedeutici al perseguimento dell'obiettivo unico che le parti intendono seguire, ovvero la finalizzazione della transazione di cessione delle azioni». Osserviamo quindi che la funzione complementare dei servizi ancillari ne unifica il trattamento nella più ampia prestazione di intermediazione.

In altri termini, le attività rese dal broker manifestano (in conformità con i principi unionali) la presenza di un'attività di intermediazione, piuttosto invece che un'attività di consulenza (che non prevede invece di norma il coinvolgimento del consulente fino al raggiungimento dello scopo prefissato).

Esaminate, quindi, le attività del broker e constatata la terzietà dello stesso rispetto alle parti contrattuali, viene confermato che il corrispettivo spettante per la cessione delle quote «può essere qualificato come relativo a una operazione di intermediazione e considerato esente da Iva ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 9), del Dpr 633 del 1972».

Le conclusioni cui giunge nel caso di specie sono di sicuro interesse, ma si evidenzia che la risposta è specifica per il caso prospettato, e non può esserne immaginata un'applicazione in termini di principio, senza entrare nel merito dello specifico caso, dovendosi inoltre valutare le eventuali differenze con la situazione esaminata nella risoluzione 38/E/2018, in cui si concluse, com'è noto, che le attività di consulenza su investimenti circoscritta alla mera segnalazione di opportunità di investimento, in posizione di terzietà e senza alcun coinvolgimento del segnalante nella negoziazione tra il destinatario della segnalazione e i soggetti che promuovono gli strumenti finanziari raccomandati, identificano servizi imponibili e non esenti da Iva.

Orbene, a oggi, le attività dei soggetti operanti nell'ambito del corporate finance tipicamente per le operazioni M&A sono di regola stati inquadrati nell'attività di consulenza, essendo caratteristica di tali soggetti essere essenzialmente chiamati a esprimere valutazioni tecniche e giudizi professionali anche di grande complessità, di cui il potenziale investitore potesse giovarsi per le proprie e autonome decisioni di investimento o smobilizzo.

Nella risoluzione si osserva che l'Istante ha avuto cura di chiarire che le attività di consulenza erano state svolte a parte. Nel contempo, tuttavia, l'elencazione riportata dall'agenzia delle Entrate ricomprende nel servizio di intermediazione (esente da Iva) anche servizi prettamente consulenziali nel presupposto che siano "ancillari" all'intervento del broker nella negoziazione, per cui possono insorgere aspetti di opinabilità nel giudicare se i servizi di consulenza siano accessori, prevalenti o scindibili (e quindi indipendenti), alla luce delle molte e recenti precisazioni in merito alla prestazioni accessorie o indipendenti (si veda da ultimo la risposta 760/ 2021).

Nell'analisi non si può dunque prescindere dal caso concreto. Occorre valutare il ruolo assunto dal broker sia nell'individuazione della potenziale controparte sia nella conclusione del contratto.

Per il corretto inquadramento dei casi concreti, il corrispettivo in percentuale al prezzo di vendita può essere altro elemento che supporta la qualificazione del servizio in termini di attività di intermediazione. Peraltro, rimane da chiarire il trattamento Iva della retainer fee in caso di mancata finalizzazione dell'operazione. Non essendosi perfezionata la compravendita, l'attività potrebbe qualificarsi come consulenza invece che intermediazione.

Inoltre poi vanno considerate le attività svolte: nell'interpello, per esempio, era chiaramente indicato che non veniva effettuata consulenza legale, contabile e fiscale. Quindi eventuali attività consulenziali dovrebbero essere assolutamente limitate e funzionali all'operazione principale e circoscritte alla tipologia di quelle che nella risoluzione sono qualificate come «ancillari».

Si ricorda in merito che l'esenzione è deroga rispetto al meccanismo generale di applicazione dell'imposta e l'applicazione delle esenzioni deve, quindi, essere valutata con estrema attenzione e non in via estensiva.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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