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Violazione degli obblighi di certificazione fiscale senza doppia sanzione

Nel corso di una verifica, l’amministrazione bulgara ha constatato l’omessa registrazione della vendita di un pacchetto di sigarette da 2,6 euro e l’omessa registrazione del giustificativo fiscale

di Giorgio Emanuele Degani

In caso di violazione degli obblighi di certificazione fiscale sostitutiva dei corrispettivi, la sanzione Iva deve essere proporzionata. Da ciò consegue che il contribuente non può essere destinatario di una duplice sanzione, una tributaria pecuniaria e l’altra accessoria relativa alla sospensione dell’attività commerciale, in quanto la repressione dell’illecito deve essere proporzionata, ossia deve essere parametrata e graduata all’entità della violazione commessa dal contribuente.

Questo è il principio di diritto statuito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea reso nella causa C-97/21 del 4 maggio 2023, nella quale i giudici hanno affrontato il caso di un contribuente che è stato punito con una doppia sanzione dall’amministrazione finanziaria.

Una società bulgara, attiva nell’acquisto e rivendita di beni come sigarette, gestisce un locale commerciale in Bulgaria. Nel corso di una verifica, l’amministrazione finanziaria ha constatato l’omessa registrazione di una vendita di un pacchetto di sigarette del valore di 2,6 euro, nonché l’omessa registrazione del giustificativo fiscale di cassa relativo a detta vendita.

L’Amministrazione finanziaria ha, da un lato, inflitto una sanzione tributaria pecuniaria, e, dall’altro, ha adottato la misura amministrativa coercitiva di apposizione dei sigilli al locale commerciale per un periodo di 14 giorni.

Il contribuente ha contestato innanzi al Tribunale le sanzioni irrogate, sostenendo la sproporzione tra l’esiguo valore della vendita incriminata e le sanzioni irrogate.

A seguito del rinvio da parte del giudice nazionale, la Corte di giustizia ha affermato che il rispetto del principio di proporzionalità impone che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto da una normativa nazionale non ecceda i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti da tale normativa. Inoltre, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati da quest’ultima non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

E, invero, il principio di proporzionalità ha una particolare funzione di bilanciamento proprio con riguardo alle sanzioni tributarie: queste devono essere commisurate alla gravità del comportamento e della violazione posti in essere dal contribuente, senza eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta, l’adempimento degli obblighi formali e di prevenire le frodi e le evasioni d’imposta.

In sostanza, la proporzionalità assume una funzione limitativa del potere sanzionatorio, al fine di evitare delle incoerenze del sistema repressivo nel suo complesso.

La valutazione, comunque sulla proporzionalità della sanzione irrogata spetta al giudice nazionale, che svolge un ruolo chiave nel valutare le circostanze concrete e ridurre, se del caso, la misura delle sanzioni comminate laddove le stesse risultino essere eccessivamente gravose per il contribuente.

È, dunque, a livello nazionale che occorre dare attuazione al bilanciamento di interessi contrapposti.

La Corte di giustizia ha confermato la rilevanza fondamentale del principio di proporzionalità, inteso quale criterio guida nell’interpretazione e nelle decisioni sia da parte dell’Amministrazione finanziaria, che dei giudici nazionali, rappresentando un baluardo contro il formalismo che sovente serpeggia sia nella legislazione che nella prassi amministrativa.