Controlli e liti

L’indipendenza del revisore resta ancora senza bussola

di Niccolò Abriani e Nicola Cavalluzzo

L’annuncio da parte di Ernst & Young, una delle big four della revisione (si veda il Sole 24 Ore del 9 settembre), della separazione delle attività di auditing e di consulenza e un recente decreto del Tribunale di Milano (del 22 giugno di quest’anno, si veda articolo a lato), inducono a ritornare sull’importante tematica dell’indipendenza del revisore.

Si tratta di uno dei pilastri del sistema dei controlli, rimasto peraltro ancora incompiuto: a dieci anni di distanza dall’entrata in vigore del Dlgs 39/2010, si attende ancora l’emanazione dei relativi principi come previsto dal comma 12 dell’articolo 10 del Dlgs 39/2010.

La rilevanza del requisito è confermata dalla circostanza che il revisore, ancora prima di accettare l’incarico, deve verificare la conformità alle norme e ai principi in materia di indipendenza applicabili nell’ordinamento italiano.

Il requisito dell’indipendenza, che deve perdurare non solo in riferimento al periodo di competenza del bilancio di esercizio, altresì anche nel periodo in cui, terminato l’esercizio, è completata l’attività di revisione relativa a quel bilancio, ha lo scopo di garantire controlli appropriati e conclusioni ragionevolmente oggettive e prive di condizionamenti.

Il revisore, nonché qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l’esito della revisione legale, devono essere indipendenti dalla società sottoposta a revisione e non essere coinvolti nel processo decisionale della società revisionata, tantomeno svolgere funzioni dirigenziali di rilievo se non sia decorso almeno un anno dal momento in cui abbia concluso il suo incarico.

Prima dell’avvio della revisione legale, il revisore deve documentare la propria indipendenza o, eventualmente i possibili rischi ai quali potrebbe essere soggetto, con indicazione delle contromisure e delle risorse utilizzabili.

Alcuni tra i rischi riscontrabili nella pratica che possono influire sul mantenimento del requisito dell’indipendenza sono:

1) il rischio di interesse personale, cioè il rischio che un interesse di qualsiasi natura influenzi il giudizio professionale o il comportamento del soggetto abilitato alla revisione;

2) il rischio di auto-riesame, ossia il rischio che l’obiettività del revisore sia influenzata da un precedente giudizio da lui espresso come, ad esempio, in caso di valutazione di un lavoro svolto in precedenza, sia da parte del revisore stesso, sia da qualcuno all’interno della sua rete professionale;

3) il rischio di promozione degli interessi del cliente quando il revisore promuove o rappresenta la posizione di un cliente in modo tale che la sua obiettività ne risulti compromessa;

4) il rischio di familiarità nel caso in cui, a causa di un rapporto consolidato con un cliente, il revisore risulti eccessivamente accondiscendente nei confronti di quanto richiesto dal cliente;

5) il rischio di intimidazione, nel caso in cui il revisore sia dissuaso dall’agire in modo obiettivo a causa di pressioni reali o percepite.

Si ravvisa il venir meno dell’indipendenza nei casi di sussistenza di rischi derivanti dall’esercizio del patrocinio legale, da familiarità, i casi di minaccia di intimidazione determinati da relazioni finanziarie, personali, d’affari, di lavoro o di altro genere instaurate tra tale società e il revisore legale o la sua rete.

Nel valutare i rischi di compromissione dell’indipendenza e obiettività, il soggetto incaricato della revisione legale tiene conto sia dei rapporti e delle relazioni intrattenuti con la società sottoposta a revisione, sia propri sia degli altri soggetti appartenenti alla sua eventuale “rete”. In linea di massima, una circostanza di compromissione o di minaccia all’indipendenza in capo a un soggetto della rete professionale deve essere considerata come se operasse direttamente in capo al soggetto incaricato della revisione legale.

Il revisore non deve detenere strumenti finanziari emessi dall’ente sottoposto alla sua revisione, tantomeno deve essere coinvolto in operazioni su tali strumenti, fatti salvi quelli detenuti indirettamente attraverso regimi di investimento collettivo diversificati, compresi fondi gestiti (fondi pensione o assicurazioni sulla vita).

Ovviamente il revisore non può rivestire cariche sociali negli organi di amministrazione dell’ente “controllato”, tantomeno svolgere funzioni dirigenziali di rilievo se non sia decorso almeno un anno dal momento in cui abbia concluso il suo incarico.

Il corrispettivo per l’incarico non può essere subordinato ad alcuna condizione: non può essere stabilito in funzione dei risultati della revisione, o di altri servizi diversi dalla revisione prestata.

Una corretta pianificazione della revisione deve consentire al revisore di verificare periodicamente la capacità di mantenere il requisito di indipendenza.

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