Imposte

Il Catasto è irrilevante, immobili di culto esenti Ires

Interpello 439. Per le fondazioni, invece, gli affitti hanno una tassazione agevolata. Le entrate immobiliari della Onlus fruiscono di decommercializzazione

di Ilaria Ioannone e Gabriele Sepio

Enti religiosi civilmente riconosciuti: non concorrono alla formazione del reddito gli immobili destinati all’esercizio di culto indipendentemente dall’accatastamento. Questo uno dei chiarimenti resi dall’agenzia delle Entrate che, con la risposta 439 del 29 agosto, si sofferma ad analizzare il corretto trattamento ai fini della determinazione del reddito per gli enti religiosi.

Più nel dettaglio l’istante – una Fondazione Onlus ente patrimoniale della Chiesa Apostolica in Italia che persegue finalità di culto – fa presente di essere proprietaria di immobili, alcuni destinati alle attività di interesse generale del ramo Onlus e altri all’esercizio di attività di culto, seppur non accatastati nella categoria E7.

La Fondazione, inoltre, riferisce di essere titolare di un immobile per il quale è stato siglato apposito contratto di locazione con le Chiese cristiane evangeliche per l’uso dell’immobile a scopi di culto, a fronte del quale percepisce un canone di locazione.

Sulla base di tale ricostruzione, l’istante si interroga su differenti questioni legate:

O alla necessità di ricomprendere o meno le rendite delle unità immobiliari non rientranti nella categoria catastale E7 tra i redditi fondiari;

O sulla possibilità di applicare la mini Ires sia per le attività di religione e di culto che per quelle del ramo Onlus.

Con riferimento alla prima problematica, l’Amministrazione finanziaria rileva che, nel caso di specie, debba trovare applicazione il regime di favore dell’articolo 36, comma 3, del Tuir. Una disposizione questa che, nell’escludere le rendite catastali dai redditi fondiari, non richiede un accatastamento specifico dell’immobile, ma la sola necessità che questo sia destinato all’attività di religione e culto.

In questo senso, depone anche l’orientamento della Corte di cassazione (si veda la sentenza n. 2053/2016) secondo cui non sussiste alcuna relazione tra rendita catastale attribuita ed esenzione riconosciuta a un edificio per la sua specifica destinazione d’uso. Con la conseguenza che le rendite catastali di unità immobiliari destinate esclusivamente all’esercizio di attività di culto, seppur non identificate nella categoria E7, potranno beneficiare del regime dell’articolo 36 citato.

Sul fronte, invece, dell’applicabilità o meno della mini Ires (articolo 6 del Dpr 601/1973) alle attività istituzionali degli enti religiosi, l’Amministrazione finanziaria si esprime in senso favorevole ritenendo che questi rientrino tra i soggetti beneficiari in quanto «enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o istruzione».

Peraltro, in linea con la circolare 15/E/2022 dell’agenzia delle Entrate, l’agevolazione che consente di scontare un’aliquota Ires dimezzata, potrà trovare la sua applicazione non solo con riferimento all’attività diretta all’attività di culto, ma anche alle diverse, incluse quelle commerciali, purché siano in un rapporto di strumentalità immediata e diretta. Vale a dire che si potrà applicare l’articolo 6 ai redditi derivanti da locazioni di immobili purché i proventi siano reinvestiti nell’attività di culto.

Le attività del ramo Onlus scontano, invece, la decommercializzazione (articolo 150 del Tuir). Una risposta, quella in commento, che consente di chiarire il futuro dell’articolo 6 con la piena operatività della riforma del Terzo settore. L’istante, infatti, dando conto dell’adeguamento del regolamento del Ramo Onlus alle disposizioni del Codice, permette di rilevare che se gli enti del Terzo settore (Ets), con il vaglio Ue sui nuovi regimi fiscali, non potranno più beneficiare della mini Ires, per i rami degli enti religiosi il discorso cambia. Questi, infatti, con l’iscrizione nel Registro conservano la riduzione dell’Ires per sole le attività diverse.

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