Controlli e liti

Apertura senza Pm con l’ok dell’indagato

di Antonio Zappi

Qualora durante le operazioni di accesso fiscale si presenti la necessità di aprire cassetti o armadi chiusi a chiave, borse o casseforti sigillate senza che il contribuente vi presti il consenso, i verificatori devono assumere contatti con l’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento di autorizzazione del Pm competente, adottando semmai nell’attesa opportune misure conservative (cioè, i sigilli).

Nel corso del Telefisco 2018, la Guardia di finanza ha confermato che, in base all’articolo 52, comma 3 del Dpr 633/72 (applicabile anche al comparto delle imposte dirette in virtù del richiamo contenuto nell’articolo 33 del Dpr 600/73) serve un placet della Procura per procedere ad aperture coattive, ma le Fiamme gialle hanno ivi indirettamente anche avvalorato che l’autorizzazione del Pm, in presenza di esplicito consenso dell’interessato, possa non essere richiesta.

Le norme sulle attività esterne degli organi verificatori sono, infatti, strutturate in modo da contemperare l’interesse del Fisco con le garanzie dei contribuenti, cosicché detta autorizzazione, in conformità con princìpi già statuiti dalla giurisprudenza di legittimità (sentenze 3204/ 2015 e 9565/2007), può rivelarsi non necessaria qualora l’indagine si svolga con la collaborazione del contribuente, ovvero senza la manifestazione di una sua contraria volontà da far constatare nel Pvc. Si segnala, nondimeno, anche un orientamento giurisprudenziale in base al quale, nel caso di accesso domiciliare autorizzato dal Pm, non sarebbe necessario un ulteriore specifico beneplacito per l’apertura di plichi chiusi, stante la forza attrattiva della prima autorizzazione.

Sul punto, infatti, la Suprema corte, con la sentenza 14056/2006, ha operato una distinzione tra accesso disposto nei locali dell’impresa e perquisizione domiciliare già autorizzata dal Pm, affermando che l’autorizzazione alla perquisizione del domicilio è comprensiva di ogni attività strumentale necessaria per l’acquisizione delle prove (Cassazione 20824/2005).

In ogni caso, sebbene durante le operazioni di verifica un contribuente possa anche comprensibilmente trovarsi in uno stato di soggezione psicologica nei confronti dei verificatori, che potrebbe indurlo ad assumere atteggiamenti più proni che collaborativi, è bene sapere che senza una manifestazione verbalizzata di una contraria volontà all’operato dei verificatori all’atto dell’apertura di casseforti o di plichi chiusi, sarà alquanto complicato successivamente per i difensori eccepire l’irritualità di quanto acquisito.

Diversamente, invece, facendo rilevare in verbale un «non ho nulla da nascondere, ma, se possibile, vorrei evitare l’accesso in spazi riservati e personali del mio domicilio», da un lato i verificatori saranno inevitabilmente tenuti a chiedere l’autorizzazione al Pm per non incappare in rischi di illegittimità, dall’altro lato, invece, se non lo facessero, ci si garantirà una successiva migliore possibilità di far valutare in chiave difensiva che quanto acquisito possa essere legittimamente posto a fondamento di una contestazione fiscale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©