Adempimenti

Ritenute, doppia verifica verso i non residenti

L'obbligo di trattenere il 30% a titolo di imposta scatta se c'è presupposto territoriale. Il secondo riscontro riguarda le convenzioni contro le doppie imposizioni

di Stefano Vignoli

La stagione delle certificazioni uniche, dopo la prima scadenza del 16 marzo, prosegue fino al 31 ottobre 2023 con gli adempimenti relativi alla certificazione dei redditi esenti o non dichiarabili con il modello 730. Ma se l’adempimento certificativo ha scadenze precise, la verifica delle ritenute da operare è un adempimento continuativo che richiede versamenti mensili anche per i contribuenti con liquidazioni trimestrali.

Tra i compensi soggetti a ritenuta vi sono anche quelli previsti dall’articolo 25, comma 2, del Dpr 600/1973, cioè i compensi corrisposti a soggetti non residenti per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente.

La ritenuta del 30%, da applicare a titolo d’imposta, non opera quando le prestazioni sono effettuate all’estero e quando i compensi sono corrisposti a stabili organizzazioni.

Al contrario di quanto avviene per i prestatori residenti, che vedono applicata la ritenuta soltanto quando la prestazione origina «reddito di lavoro autonomo», l’articolo 25 prevede l’obbligo di effettuare la ritenuta per prestazioni rese da soggetti esteri, a prescindere dal requisito soggettivo e pertanto anche quando la prestazione è resa da imprese individuali, società o enti.

Una prima condizione da verificare per l’applicabilità della ritenuta è se la prestazione sia svolta in Italia: in carenza del presupposto territoriale il cliente italiano non deve operare la ritenuta. A questo fine occorre aver riguardo a dove la prestazione viene materialmente svolta: quando il professionista svolge la propria attività direttamente dall’ufficio o abitazione all’estero, anche in modalità online, la ritenuta non sarà dovuta. In questo senso, l’ampia diffusione del lavoro e delle riunioni a distanza, ha sicuramente allargato i casi in cui la prestazione viene effettivamente svolta all’estero: quando la natura della prestazione è tale da poter ingenerare dubbi sul luogo di svolgimento sarà necessario acquisire dichiarazione del beneficiario di aver effettuato la prestazione nello Stato estero.

Nel caso in cui l’attività sia resa soltanto parzialmente in Italia si ritiene che la ritenuta sia applicabile soltanto sulla “parte italiana”, fermo restando la necessità di poter scindere la prestazione evidenziando il lavoro svolto all’estero.

Le ritenute sono operate a titolo di imposta sul compenso lordo senza possibilità di dedurre i costi afferenti (risoluzione 20 marzo 1998 n. 20) e quindi in molti casi superano le imposte effettivamente dovute nel Paese di residenza: al non residente è tuttavia preclusa la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi in Italia ed assoggettare il reddito a Irpef progressiva.

L’applicazione della ritenuta in molti casi non avviene (o è rimborsabile) in quanto le Convenzioni contro le doppie imposizioni prevedono, all’articolo 14 (ovvero articolo 7) del Modello Ocse, che i redditi che il professionista residente di uno Stato ritrae dall’esercizio della libera professione sono imponibili soltanto nello Stato di residenza a meno che non disponga nell’altro Paese di una stabile organizzazione / base fissa.

Sarà tuttavia opportuno verificare il testo di ciascuna convenzione per individuare differenze rispetto al modello standard: si pensi alla convenzione con San Marino che all’articolo 14 prevede la tassazione concorrente dell’Italia per i redditi ivi imponibili.

Inoltre la tutela convenzionale viene meno per gli artisti e sportivi che performano in Italia. L’articolo 17 del modello Ocse prevede infatti potestà impositiva concorrente dello Stato della fonte: così il cantante residente in Gran Bretagna che si esibisce in Italia è soggetto a ritenuta nella misura del 30% anche quando la prestazione è fatturata da società estera che non ha una stabile organizzazione in Italia.

Negli altri casi, l’esonero è condizionato all’acquisizione di idonea documentazione quali la certificazione da parte del prestatore attestante la carenza di stabile organizzazione e la certificazione dello Stato estero da cui emerga che è soggetto passivo di imposta nello Stato stesso e, a tal fine, è possibile utilizzare il modello D approvato con provvedimento delle Entrate n. 2013/84404, disponibile anche in lingua inglese e francese.

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