Contabilità

La Cassazione inciampa sulla direttiva europea madre-figlia

di Massimo Antonini e Raul Angelo Papotti

La Cassazione, con la sentenza 32255 del 13 dicembre 2018, si è pronunciata sui requisiti per beneficiare del regime previsto dalla direttiva madre-figlia (90/435/Ce), come implementato in Italia in base all’articolo 27-bis del Dpr 600.

In particolare, i dividendi di fonte italiana distribuiti a favore di società residenti in altri Stati membri della Ue sono esenti dall’ordinaria ritenuta alla fonte a condizione che, inter alia, le percipienti siano soggette, nello Stato di residenza, a una delle imposte indicate nella direttiva, senza regimi di opzione o esonero che non siano temporalmente o territorialmente limitati.

Nel caso di specie la Corte ha escluso che una società lussemburghese - e ivi soggetta a imposte sul reddito - potesse ottenere, sulla base della direttiva, il rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti da parte della propria controllata italiana, in quanto tali dividendi godevano del regime di dividend exemption lussemburghese. In particolare, la Corte ha stabilito che l’esenzione da ritenuta non potesse trovare applicazione in quanto la ratio del 27-bis è quella «di evitare una doppia imposizione»;

nel caso di specie non vi era «doppia imposizione» alla luce dell’esonero da tassazione per i dividendi previsto in Lussemburgo, a nulla rilevando il fatto che la società percipiente fosse comunque soggetta a imposta.

Il ragionamento della Corte, però, appare errato per due ordine di motivi. In primis, lo scopo della direttiva madre-figlia è quello di eliminare fenomeni di doppia imposizione giuridica e economica. A tal fine, gli articoli 5 e 4 della direttiva dispongono sia l’esenzione da ritenuta nello Stato della fonte, sia l’esonero da imposizione in capo alla società percipiente. Pertanto, subordinare il beneficio dell’esenzione da ritenuta alla condizione che il dividendo sia effettivamente tassato nello Stato di residenza della società percipiente - come richiesto dalla Corte nel caso in esame – è in palese contrasto con il dato letterale e gli obiettivi della direttiva. Sarebbe paradossale permettere la tassazione alla fonte solo perchè nello Stato di residenza si fa quanto prescrive la direttiva, ossia evitare la doppia imposizione economica.

Inoltre, la Cassazione ha erroneamente interpretato il requisito della soggezione a imposta descritto dalla direttiva. Nell’unico precedente della Corte di giustizia europea (sentenza C-448/15) è stata esclusa l’applicabilità della cirettiva nei confronti di una percipiente belga soggetta a imposte sui redditi con aliquota dello 0%, a fronte dell’integrale distribuzione dei profitti ai propri soci. Il caso trattato dalla Corte Ue, tuttavia, aveva ad oggetto una fattispecie di (sostanziale) esenzione totale dalle imposte sui redditi. Al contrario, il caso affrontato dalla Cassazione riguardava un’esenzione, limitata ai soli dividendi, in linea con le disposizioni e gli obiettivi perseguiti dalla direttiva madre-figlia.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©