Imposte

Distribuzione utili ai soci, tempi stretti per le delibere

L’impatto del principio di diritto emanato martedì dalle Entrate. Convocazione assemblee con 8 o 15 giorni di anticipo. Valide le totalitarie

di Marco Piazza

Il principio di diritto 3 del 2022 – superando la discussa risposta delle Entrate 454/2022 – conferma che i dividendi la cui distribuzione sia deliberata entro il 31 dicembre 2022 sono soggetti al regime transitorio di cui all’articolo 1, comma 1006, della legge 205/2017 anche se non materialmente corrisposti entro tale data. Ma è bene che il dividendo sia pagato entro un anno (si veda l’articolo «Dividendi con fisco di favore, ora basta la delibera nel 2022»).

Il regime transitorio interessa le persone fisiche che detengono fuori dall’esercizio d’impresa, partecipazioni qualificate in società con riserve di utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31dicembre 2017.

Tali utili, se distribuiti entro il 31 cembre 2022, anziché subire la ritenuta d’imposta del 26% continuano ad essere assoggettati al regime previgente di concorso alla formazione del reddito complessivo imponibile del socio in misura ridotta al 40%, per quelli formati con redditi prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007; 49,72% per quelli prodotti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 e 58,14% per quelli prodotti fino al successivo esercizio in corso al 31 dicembre 2017.

I tempi per deliberare la distribuzione sono però molto stretti, considerato che la convocazione dell’assemblea, a secondo dei tipi di società e delle previsioni statutarie deve essere fatta, di norma, almeno 8 o 15 giorni prima, benché siano comunque valide le assemblee totalitarie.

Il principio di diritto mette in evidenza che l’Amministrazione finanziaria può contestare la natura simulata della delibera di distribuzione; ad esempio, nel caso di distribuzioni poi retrocesse da parte del socio oppure che prevedano termini di pagamento ultrannuali. Si è già ricordato che in altre occasioni in cui è cambiato in senso sfavorevole il regime fiscale dei dividendi, il comportamento consistente nella distribuzione con il vecchio regime seguita dal reinvestimento del socio nella società stessa (in forma di capitale, ma anche di finanziamento) è stata considerata abusiva dall’Amministrazione finanziaria. In questo senso vi è un inedito interpello n. 2003/96491 del 12 dicembre 2003. La Cassazione non esclude l’ammissibilità di distribuzioni finanziate con l’indebitamento, ma sempre in presenza di ragioni economiche extrafiscali (ad esempio, sentenze 4163/2013 e 12548/2016). Come pure in alcuni casi la Cassazione ha giudicato antieconomico il comportamento del socio che non ha azionato il proprio credito verso la società dopo la delibera di distribuzione dei dividendi (sentenze 10030/2009, 12251/2010 e 2735/2011). Da ciò l’opportunità che il dividendo deliberato sia messo in pagamento in tempi ragionevoli.

La gestione dei dividendi deliberati ma non pagati presenta qualche complessità se, nel frattempo, la partecipazione viene ceduta. Il dividendo, infatti, spetta all’acquirente perché, nel caso delle partecipazioni, le cedole non possono circolare separatamente dal titolo (articolo 4 della legge 1745/1962; Cassazione 8693/2013). Quindi il prezzo di cessione comprenderà il dividendo distribuito, ma non pagato. Dal punto di vista fiscale, inoltre, non si applica l’articolo 6, comma 2 del Testo unico in base al quale i proventi conseguiti in sostituzione di redditi anche per effetto della cessione dei relativi crediti (si vedano nota n. 984 del 1997, relazione illustrativa al Dlgs 461/1997 e circolare 165/E del 1998). Quindi, come confermato anche di recente dalle risposte 42 e 156 del 2022, nel caso in cui il socio dovesse cedere la partecipazione prima di aver incassato il dividendo, la parte di corrispettivo corrispondente al dividendo sarebbe reddito diverso, tassato con l’imposta sostitutiva del 26% (in questo senso Cassazione 24839/2020, 26476/2020 e 25131/2021).

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