Imposte

Su redditi medi, Iri e detrazioni prove di unità per la riforma fiscale

Presentate le proposte dei partiti per riformare il sistema fiscale italiano

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Prova a comporsi il mosaico politico della riforma fiscale. I partiti, chiusa la lunga fase delle oltre 60 audizioni nell’indagine conoscitiva portata avanti dalle commissioni Finanze di Camera e Senato, hanno presentato in questi giorni le loro proposte per ripensare il sistema fiscale italiano. Le distanze sono parecchie, anche perché il fisco è un tema che si presta alle bandiere identitarie da sventolare alla ricerca del consenso. Ma nei vari menù presentati da maggioranza e opposizione non è impossibile trovare ingredienti comuni. La ricerca partirà oggi nella riunione plenaria delle due commissioni: il tentativo, spiega il presidente della Finanze della Camera Luigi Marattin (Iv) regista dell’indagine conoscitiva insieme al collega Luciano D’Alfonso (Pd) che guida la commissione del Senato, è di arrivare a «un documento unitario entro la fine del mese per indirizzare la scrittura della legge delega». Legge delega che in base al calendario del Pnrr concordato dal governo con la commissione Ue andrà presentata entro la fine di luglio e, specifica il Piano, dovrà «tenere adeguatamente conto del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva» avviata a gennaio dalle Camere.

Il lavoro alla caccia dei possibili terreni unitari deve inevitabilmente partire dalle aliquote Irpef. Sul punto le ricette sono diverse, e spaziano dal «modello tedesco» della progressività continua rilanciato da Leu e dal Pd alla «flat tax incrementale» spinta da Lega e Fratelli d’Italia. Ma un punto comune esiste, ed è nell’individuazione netta del problema rappresentato dall’iper-progressività che colpisce le fasce di reddito più frequentate dai lavoratori dipendenti e pensionati, e che è alimentata dal salto di aliquota dal 27% al 38% a quota 28mila euro lordi all’anno. Tutte le proposte di ristrutturazione, comprese quelle articolate su tre aliquote targate Fi e M5S, mettono nel mirino questo aspetto.

L’altro problema individuato in modo trasversale dalle diverse proposte riguarda gli incapienti, cioè i redditi troppo bassi per poter utilizzare bonus e detrazioni. Si tratta di una maxi-platea formata da oltre 10 milioni di italiani sui 41 che dichiarano redditi Irpef. Sul punto per esempio Fi chiede di alzare la no tax area a 12mila euro dagli 8mila attuali, in linea con proposte già avanzate anche dai Cinque Stelle. Iv offre invece un’idea più ambiziosa, che prevede un minimo esente per la soglia di reddito considerata “di sopravvivenza”, e un’imposta negativa crescente all’aumentare del reddito per chi non raggiunge la soglia del primo scaglione.

Anche la razionalizzazione delle spese fiscali torna in tutti i documenti presentati alle commissioni dai partiti. Del resto, si tratta di una mossa obbligata per la ricerca dei fondi necessari a finanziare una riforma che non potrà certo viaggiare in deficit. Sul tema i Cinque Stelle vanno oltre, e chiedono di cancellare il sistema attuale delle detrazioni post dichiarazione per trasformare quelle che sopravviveranno alla razionalizzazione in bonus da accreditare direttamente sui conti correnti con una sorta di cashback fiscale.

Molto gettonata anche l’Iri, l’imposta sul reddito dell’imprenditore che si era già affacciata nell’ordinamento fiscale italiano con un’aliquota al 24% per gli autonomi ma non è mai riuscita ad approdare alla fase attuativa. Da Fi invece Sestino Giacomoni propone di applicare anche alle pmi italiane la minimum tax del 15% appena celebrata al G7 di Londra. La Lega, che ha tolto un grosso ostacolo dal terreno di gioco rinunciando per ora alla Flat Tax per tutti, chiede però di recuperare il secondo regime forfetario previsto nel 2018 con il 20% destinato a chi ha ricavi e compensi fra 65mila e 100mila euro. Leu, sul fronte opposto, anche per gli autonomi invoca la progressività assicurata dal modello tedesco.

L’altro argomento divisivo portato da sinistra riguarda le patrimoniali. Il Pd rilancia l’idea dell’imposta di successione al 20% per le quote di eredità sopra i 5 milioni, mentre Leu chiede un’aliquota dell’1% (con franchigia) sui beni mobiliari e immobiliari. La nuova imposta sostituirebbe l’Imu, manterrebbe esenti le abitazioni principali e terrebbe conto dei mutui.

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