Controlli e liti

Giustizia tributaria senza appeal: solo sei giudici hanno chiesto il passaggio

Il presidente del Cpgt Antonio Leone venerdì pomeriggio ha incontrato il viceministro all’Economia con delega ai temi fiscali, Maurizio Leo: «rivedere l’interpello previsto dalla legge di riforma 130/2022»

di Ivan Cimmarusti

Certo non si può ancora dire che il bando per il transito di cento magistrati nella giurisdizione tributaria sia andato deserto. Ma quelle sole sei domande - a due mesi e mezzo dalla pubblicazione dell’interpello previsto dalla legge di riforma, in scadenza tra 15 giorni – non inducono a interpretazioni differenti.

Lo sa bene il presidente del Cpgt Antonio Leone, che venerdì pomeriggio ha incontrato il viceministro all’Economia con delega ai temi fiscali, Maurizio Leo. Ha spiegato che senza incentivi «economici» e di «crescita professionale» difficilmente ci saranno cento magistrati di altre giurisdizioni – tra quelli che già oggi svolgono la funzione nel tributario ma in qualità di onorario – disposti a lasciare il proprio posto per il contenzioso, come dispone il primo fondamentale step per far partire la nuova giustizia del fisco. Leone, dunque, pone un problema di sostanza.

La legge di riforma, infatti, prevede una spina dorsale di nuovi 576 magistrati professionali, affiancata dalla catena a esaurimento degli onorari. Di quella quota di professionali, 476 sono da selezionare per concorso (a partire da quest’anno), mentre cento dovrebbero essere ordinari, amministrativi, contabili e militari entro i 60 anni, onorari nel tributario da almeno cinque anni e che chiedono volontariamente il definitivo transito nel contenzioso. Eppure, gli oltre 1.500 giudici (dato al 2021) delle altre giurisdizioni, che oggi decidono part-time le liti anche nel fiscale, si sono guardati bene dal chiedere questo passaggio, accontentandosi di prestare quella funzione onoraria – comunque retribuita mediamente 20mila euro all’anno, secondo la Ragioneria dello Stato – fino al pensionamento: 75 anni al 2028 per poi passare a 70 anni (l’ultima uscita è prevista nel 2053).

Ad oggi, quindi, la giustizia fiscale, anche se riformata, non sembra avere molto appeal. L’approccio entusiasta del Legislatore – che ha immaginato una ressa di domande quando nella nuova disciplina sui “cento” ha affermato che «il numero di magistrati ordinari ammessi al transito non può superare le 50 unità» – non sembra aver fatto breccia. Quelle sole sei domande giunte ne sono la prova. Per questo Leone chiede al ministero dell’Economia di intervenire sui criteri del bando. Bisogna risolvere l’impasse prima che i nodi arrivino al pettine, cioè prima che il 14 febbraio prossimo scada l’interpello.

Il ruolo dei “cento”, secondo la legge di riforma, ha una duplice funzione strategica in questa prima fase di attuazione:
1. ricoprire incarichi direttivi e non direttivi nelle sedi carenti, soprattutto in quelle di secondo grado;
2. assicurare una rappresentanza delle giurisdizioni ordinaria, amministrativa, contabile e militare all’interno del Cpgt, l’organo di autogoverno.
E qui cominciano i problemi.

Il Cpgt ha già individuato le sedi giudiziarie carenti. Secondo i calcoli, risultano scoperture di organico soprattutto nelle Corti di giustizia di primo grado, con 70 posti vacanti, mentre nelle Corti di secondo grado risulta un buco di soli 30 posti. Un boccone amaro per i “cento”: non tutti, così, potrebbero ambire a ricoprire la funzione nell’appello. Non solo: una buona parte dovrebbe addirittura accettare una eventuale “retrocessione” nel primo grado di merito.

C’è poi il tema, non di secondo piano, dell’organo di autogoverno. Nella legge di riforma è scritto che «nell’ambito della componente togata deve essere assicurata, in ogni caso, la rappresentanza in Consiglio di almeno un magistrato tributario proveniente dalla magistratura ordinaria, uno da quella amministrativa, uno da quella contabile e uno da quella militare, fra coloro che sono utilmente collocati nella graduatoria», ossia tra quelli con i requisiti previsti per chiedere il passaggio nella giurisdizione fiscale. Quelle sei domande sono state presentate solo da giudici ordinari, peraltro sono ritenute addirittura «esplorative», cioè senza una piena volontà di abbandonare la propria giurisdizione di provenienza. Nessuna richieste da parte di togati amministrativi, contabili e militari.

Allo stato, dunque, mancano anche le condizioni per poter costituire un organo di autogoverno come disciplinato dalla normativa sull’ordinamento giudiziario tributario. Una grana di non poco conto per il ministero dell’Economia, competente ad amministrare una giurisdizione che proprio non riesce a trovare pace.

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