Controlli e liti

L’accertamento svela le liberalità indirette: così scatta la tassazione

Per la Cassazione rilevano quali liberalità non donative anche meri comportamenti materiali che comportano un incremento patrimoniale del beneficiario e un corrispondente depauperamento del disponente

di Andrea Vasapolli

Il regime impositivo delle liberalità indirette continua a essere al centro di un’incessante opera interpretativa da parte della Cassazione. Che si occupa anche della possibilità di far scattare il prelievo quando la liberalità “emerge” in seguito a un accertamento fiscale, ad esempio da redditometro. Ma andiamo con ordine.
Le liberalità, che quale specie rientrano nel più ampio genere degli atti di trasferimento di beni e diritti a titolo gratuito il cui assoggettamento all’imposta sulle donazioni è disciplinato dall’articolo 2, comma 47, del Dl 262/2006, si suddividono in due tipologie: da un lato le cosiddette “liberalità donative” (cioè le vere e proprie donazioni di cui all’articolo 769 del Codice civile) dall’altro le “liberalità non donative”, che sono quelle liberalità poste in essere in assenza delle forme previste per la donazione, tra le quali rientrano tutti gli atti e le attività che producono gli effetti propri della donazione. Spesso il legislatore fiscale definisce le liberalità non donative quali “liberalità indirette” ed esse si caratterizzano per il compimento di un negozio giuridico diverso dalla donazione (il cosiddetto negozio-mezzo) per il tramite del quale un soggetto raggiunge i medesimi effetti di una vera e propria donazione (il cosiddetto negozio-fine).
Per la Cassazione rilevano quali liberalità non donative anche meri comportamenti materiali che, pur non comportando la formazione di alcun atto o negozio giuridico in senso stretto, comportano in ogni caso un incremento patrimoniale del beneficiario e un corrispondente depauperamento del disponente. In particolare, tutte le liberalità indirette, in quanto atti gratuiti, rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sulle donazioni, ma non tutte devono essere tassate.
Sono sempre soggette a imposizione le liberalità che risultano da un atto soggetto a registrazione, anche se formato all’estero nel caso in cui il beneficiario sia residente (articolo 55, commi 1 e 1-bis, Tus). L’imposta non è tuttavia dovuta per le liberalità indirette, risultanti da atti soggetti a registrazione, collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende, se tali atti sono soggetti a Iva o ad imposta di registro in misura proporzionale (articolo 1, comma 4-bis, Tus). Il collegamento richiesto dalla norma tra la liberalità indiretta e l’atto di trasferimento non deve necessariamente risultare dall’atto soggetto a registrazione, essendo sufficiente che risulti da fatti oggettivi (Cassazione 11831/2022). L’imposta non si applica anche nel caso in cui colui che effettua la liberalità paghi solo una parte del prezzo dovuto dal beneficiario a fronte della compravendita (Cassazione 10759/2019 e 20336/2021).
Al di fuori di tali casi le liberalità non donative scontano l’imposta sulle donazioni in due soli casi, uno dei quali si verifica quando il beneficiario le sottopone a volontaria registrazione (ex articolo 56-bis, comma 3, Tus), nel qual caso si applicano non solo le franchigie variabili in base al rapporto di parentela, ma anche le correlate aliquote differenziate.
L’altro caso è invece rappresentato dall’ipotesi in cui l’esistenza di tali liberalità indirette è “confessata” dal beneficiario con dichiarazione rese nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi (articolo 56-bis, comma 1, lettera a), Tus), ovviamente diversi dall’imposta sulle donazioni. In quest’ultimo caso la seconda condizione posta dalla norma perché tale liberalità sia accertabile, rappresentata dal fatto che la stessa abbia determinato – da sola o unitamente a quelle pregresse – un incremento patrimoniale del beneficiario superiore all’importo di 350 milioni di lire (articolo 56-bis, comma 1, lettera b), Tus), secondo la giurisprudenza della Cassazione, per esigenze di coordinamento interpretativo tra le originarie disposizioni del Dlgs 346/1990 e quelle del Dl 262/2006, deve ora essere interpretata nel senso che l’incremento patrimoniale per essere rilevante deve essere superiore alle franchigie oggi esistenti, e cioè: un milione di euro per coniuge e parenti in linea retta; 100mila euro per fratelli e sorelle; 1,5 milioni per persone portatrici di handicap; mentre per i casi in cui la norma vigente non prevede franchigie l’imposta trova applicazione sull’intero importo della liberalità (Cassazione 27665 e 28047 del 2020).
Le Suprema corte ha anche affermato che, sempre con riferimento al caso delle liberalità indirette “confessate” in sede di accertamento, l’aliquota applicabile (articolo 56-bis, comma 2, del Tus), sempre per esigenze di coordinamento interpretativo tra le diverse norme succedutesi nel tempo, è quella dell’8%, e ciò in ogni caso, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario, per effetto della valenza “latamente sanzionatoria” prevista dal legislatore.
Al di fuori delle ipotesi sopra indicate, tutte le liberalità non donative (o indirette), anche se risultanti da atto scritto (non soggetto a registrazione), se non vengono registrate volontariamente non sono accertabili da parte delle Entrate.

I casi risolti

1. Bonifico sul conto
Acquisto di un immobile da parte di un soggetto che utilizza disponibilità finanziarie accreditategli in conto poco prima da un genitore a mezzo bonifico, nel quale come causale è indicato che si tratta della provvista fondi per l’acquisto di tale immobile.
Trova applicazione l’articolo 1, comma 4-bis, del Tus, in quanto il collegamento tra la liberalità non donativa e l’acquisto dell’immobile risulta da un fatto oggettivo, rappresentato dalla disposizione di bonifico. Non si applica quindi l’imposta su tale liberalità.
2.
Aumento di capitale
Assemblea straordinaria di aumento del capitale sociale di una società, soci padre e figlia. L’aumento di capitale viene sottoscritto pro quota da entrambi con risorse finanziarie fornite solo dal padre e di ciò si dà atto nel rogito notarile.
La liberalità indiretta (pagamento del padre per la figlia) risulta da un atto soggetto a registrazione e non trova applicazione l’articolo 1, comma 4-bis, del Tus.
Tale liberalità, quindi, sconta l’imposta sulle donazioni in via ordinaria.

3. Redditometro
In sede di accertamento da redditometro un figlio, privo di redditi propri, giustifica all’agenzia delle Entrate la disponibilità finanziaria manifestata acquistando un’auto con il fatto che il prezzo è stato pagato dalla madre, fornendone evidenza.
La
liberalità indiretta di un genitore al figlio, dichiarata da quest’ultimo in sede di accertamento per imposte sui redditi, può essere accertata ai fini dell’imposta sulle donazioni solo se, eventualmente con precedenti liberalità, supera la franchigia di un milione di euro. In questo caso la soglia non è superata.
4. Rinuncia al prestito
Un genitore fa un prestito oltre franchigia ad un figlio perché quest’ultimo possa effettuare un certo investimento.
Giunto il termine previsto per il rimborso del prestito, il genitore rinuncia al credito con formalità non soggetta a registrazione.

La liberalità non donativa rappresentata dalla rinuncia al credito non è formalizzata in un atto soggetto a registrazione, non viene volontariamente registrata né viene “confessata” in sede di accertamento per altre imposte.
La stessa non può essere accertata da parte dell’agenzia delle Entrate.

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